Recensioni

Pubblicato il 3 Novembre 2016 | da Valerio Caprara

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La ragazza del treno

La ragazza del treno Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario: Nella trasposizione di un bestseller di Paula Hawkins la protagonista Rachel, devastata dalla fine di una love story e alcolizzata, spia morbosamente coppie in apparenza felici nel corso dei suoi quotidiani viaggi in treno. Gli eventi precipiteranno sino a metterla seriamente nei guai.

1.8


Suona indubbiamente strano ragguagliare il futuro spettatore su “La ragazza del treno”, fedelmente trasposto dall’omonimo thriller di Paula Hawkins tradotto finora nel mondo in trenta lingue e venduto in quindici milioni di copie. Anche perché il genere prevede un’overdose di sorprese che, una volta spiattellate, rischierebbero di sottrarre al prodotto il novanta per cento del suo appeal; a meno che la trasposizione dalla pagina allo schermo non sia stata gestita da maestri (a cominciare da Hitchcock) in grado di lavorare sul tessuto linguistico sino a minimizzare lo svolgimento del plot. Non essendo questo il caso di Tate Taylor –onesto mestierante beneficato dal successo di “The Help” (2011)- la recensione deve girare un po’ alla larga, tirando in ballo, per esempio, il film di Fincher “L’amore bugiardo” che un paio d’anni fa si distinse inserendo tra i violenti colpi di scena un’impietosa disamina dei matrimoni trasformatisi in trappole e di un’America in balia della bulimia dei media. Anche Taylor, in effetti, cerca di fare emergere qualcosa di più intenso o più spiazzante dalle peripezie della protagonista Rachel (Emily Blunt), disastrata nella vita passata e presente nonché attirata dalla morbosa fascinazione delle coppie preferibilmente spiate dal finestrino del treno che prende due volte al giorno. Sia pure spostando l’azione da Londra a New York, il meccanismo è sempre quello di utilizzare la sindrome voyeuristica per penetrare nelle vite degli altri ed evidenziarne le contorsioni e/o distorsioni nascoste dietro la facciata.

Il problema del film risiede nello stile scolastico, dimesso, privo di asperità, dipendente dalla voce narrante fuori campo nonché intento a insistere sulla personalità alcolizzata, smemorata e stropicciata della protagonista (grazie al trucco perché la Blunt è notoriamente assai attraente), generatrice di una serie d’incubi che, nonostante l’appropriatamente angosciosa colonna sonora di Danny Elfman, confondono sin troppo le allucinazioni con la realtà e finiscono col rendere poco credibile il clou drammaturgico della donna indagatrice di se stessa. Lo smascheramento dei segreti e le bugie, specialmente coniugali, procede, così, in forma liofilizzata e accelerata (ribadendo indirettamente, se ce ne fosse ancora bisogno, perché le serie tv hanno le armi giuste per sbaragliare la concorrenza del grande schermo), ma come spesso succede la spropositata quantità diventa inversamente proporzionale alle esigenze strutturali della suspense; anche perché, a fronte delle sfaccettate e non di rado supersexy figure femminili, risultano imperdonabilmente tratteggiati i rispettivi partner, un pugno di tre ‘maschi alfa’ in bilico tra lo stupido e il ridicolo.

La ragazza del treno

Regia: Tate Taylor

Con: Emily Blunt, Haley Bennett, Justin Theroux, Luke Evans

Thriller. Usa 2016

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