Pubblicato il 21 Giugno 2020 | da Valerio Caprara
0Vietnam e Iraq. Spike Lee e Caroline Fourest
L’elenco è così lungo e blasonato che non vale la pena iniziare il rosario delle citazioni. È certo, però, che al cinema la guerra rappresenti un tema privilegiato fin dalle origini, anche perché purtroppo la storia non smette di suggerire svariati e funesti supplementi. Il Vietnam com’è noto occupa da solo una sezione della cineteca, ma anche l’Iraq ha già proposto non pochi titoli importanti e/o controversi: sul primo versante spicca ovviamente “Da 5 Bloods – Come fratelli” di Spike Lee, che doveva partecipare fuori concorso a Cannes ed è invece disponibile da venerdì scorso su Netflix ; mentre sul secondo merita pari interesse “Red Snake”, l’opera prima di Caroline Fourest uscita in prima assoluta sulle principali piattaforme video on demand. Purtroppo non si tratta di film particolarmente pregevoli, ma in questi casi pesa la motivazione essenziale e cioè che l’epica bellica è sempre in grado di raccontare storie che interessano larghe fasce di pubblico (e dio sa quanto ce ne sia bisogno). La trama del nuovo “Spike Lee joint”, un altro dei suoi spinelli, come ama battezzare le sue produzioni, consiste in un parziale remake del classico d’avventura “Il tesoro della Sierra Madre” di John Huston che accompagna la scorribanda di quattro settantenni che combatterono all’inizio dei Settanta nelle giungle vietnamite nei ranghi della Prima Divisione Fanteria dell’esercito Usa. In realtà gli esuberanti e ammaccati compagni erano cinque, ma nel corso di una delle micidiali missioni avevano dovuto assistere alla morte del più politicizzato di loro, il temerario “Stormy” Norman: adesso sono tornati laggiù ufficialmente per recuperarne le spoglie, ma in realtà per andarsi a riprendere una valigia ricolma di lingotti d’oro seppellita in un posto segreto che non era più accessibile nel concitato epilogo della vittoria di Ho-Chi-Min. Sbrigativo nello stile –tanto da non perdere tempo a ringiovanire gli attori nei numerosi flashback-, diligente ma non eccelso nelle sequenze d’azione, tarantineggiante nell’inventarsi un terzetto di caricaturali sminatori dipendenti di un’associazione umanitaria, scontato nell’affidare il personaggio del francese che dovrebbe aiutarli a trafficare l’oro negli States a uno spompato Jean Reno, a malapena divertente nei numerosi tic e strizzatine d’occhio a “Apocalypse Now” nonché prodigo di inserti che rendono omaggio alle lotte dei neri esasperate dalle recenti sommosse del “Black Lives Matter”, Lee si limita a descrivere con qualche scatto della sua innegabile maestria lo sfilacciarsi del gruppo in seguito al riemergere del marcio occultato dal rientro casa e il trascorrere del tempo. Costato circa 40 milioni di dollari, il film dà l’impressione di un autore diventato troppo narcisista (discutibili, in particolare, le giaculatorie sparate dagli attori direttamente nell’occhio della cinepresa) e penalizzato dall’urgenza dell’apologo moralistico e dalla lezioncina anti Trump che in altre occasioni erano molto meglio integrati nel flusso di un linguaggio audiovisivo ben più reattivo e innovativo.
Encomiabilissimo sulla carta anche il tentativo della regista e sceneggiatrice francese Fourest di dare visibilità e nobiltà di fiction all’autentico calvario di un gruppetto di donne di origini e culture diverse confluite nella Brigata Internazionale curda che avendo come icona Rosa Luxemburg e cantando in marcia “Bella Ciao” fronteggia eroicamente i tagliagole dello Stato Islamico. Ambientata nel 2014 nei desolati e martoriati territori dell’Iraq occidentale, l’opera prima insiste con enfasi e qualche sentimentalismo superflui sulle dure regole della guerriglia che non dovrebbero avere soppresso del tutto le caratteristiche della sorellanza e della femminilità (riuscendoci peraltro sino a un certo punto) e rende omaggio alla protagonista Zara alias Red Snake prima vittima indifesa e poi spietata antagonista dell’Isis, nella realtà l’indomita Nadia Murad che due anni fa ha ottenuto giustamente il Nobel per la pace. L’originalità del percorso si concentra negli sprazzi di humour paradossale in stile “Charlie Hebdo”, l’iconoclasta testata parigina a cui collabora l’autrice, ma il piatto forte consiste naturalmente nelle prove che le soldatesse debbono superare per reagire agli infami jihadisti che fino al 2017 controllavano militarmente un ampio territorio di Siria e Iraq, non di rado supportati da qualche subdola complicità degli estremismi neri e rossi occidentali. Se nell’ambito del war movie si è visto di meglio, è pur vero che il martirio delle giovani yazide vendute come schiave non era mai stato proposto in forma di prodotto giocoforza didascalico, ma efficace sul piano del consumo internazionale.
DA 5 BLOODS – COME FRATELLI
DRAMMATICO/GUERRA – USA 2020 **
Regia di Spike Lee. Con Delroy Lindo, Jonathan Majors, Clarke Peters, Norman Lewis, Le Y Lan
RED SNAKE
DRAMMATICO/GUERRA – FRANCIA/BELGIO 2019 **
Regia di Caroline Fourest. Con Dilan Gwyn, Amira Casar, Camélia Jordana, Maya Sansa, Esther Garrel