Pubblicato il 23 Febbraio 2019 | da Valerio Caprara
0Un uomo tranquillo
Sommario: Il pacifico Nels che guida lo spazzaneve di una cittadina turistica incastonata tra le cime e i boschi del Colorado perde il giovane figlio in circostanze oscure. La sua vendetta contro i narcotrafficanti che ritiene responsabili del tremendo lutto sarà implacabile, inarrestabile e feroce.
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Ancora un film di vendetta, ancora un crescendo granghignolesco, ancora uno humour macabro che s’ispira ai Coen e Tarantino, ancora Neeson impegnato a confrontarsi sullo schermo con i fantasmi luttuosi subiti nella vita. Stavolta, peraltro, non deve essere stato facile per il divo nordirlandese calarsi nella parte di un montanaro colpito nell’affetto più caro e destinato a una serie di duelli a dieci gradi sottozero (la moglie attrice Natasha Richardson è morta quarantacinquenne nel 2009 a causa dell’emorragia cerebrale provocata da una caduta sugli sci in Canada): sia pure ormai assuefatto al filone dei padri vendicativi, il suo personaggio è in questo caso il cittadino modello Nels, conducente dello spazzaneve comunale della stazione turistica Kehoe, Colorado, reso folle di dolore dall’assassinio in oscure circostanze dell’unico figlio. Esattamente come succede nel film di nicchia “In ordine di sparizione” del 2014 da cui questo remake è tratto, Nels si mette a caccia tra boschi, neve e cielo (per cui è d’obbligo annotare: bella la fotografia di Philip Ogaard) dei narcotrafficanti autori del misfatto senza sapere che sta per provocare una reazione a catena d’inaudita violenza sanguinaria: i cattivi, infatti, fanno capo a due spietati boss, uno più truce e machista dell’altro, che non solo si dividono il mercato, ma rappresentano anche due etnie animate da un vicendevole odio implacabile. E già qui il film si squilibra perché Bateman incarnato nel pittoresco vegano “Viking” e il cantante folk Jackson nel poderoso pellerossa “White Bull” sono due signori attori che stanno stretti nei ranghi da caratterista e rubano spesso la scena all’inferocito antieroe.
A seguire intervengono altri difetti -come quello della palese difficoltà a padroneggiare i filosofemi alla “Pulp Fiction” messi in bocca ai balordi e/o a declinare i toni esagitati e cinici, ma nello stesso tempo beffardi tramandati da un altro capolavoro come “Fargo”- probabilmente causati dalla mancanza di fantasia o eccesso d’insicurezza del regista norvegese che, assunto al cielo di una coproduzione internazionale, ha pensato bene di fotocopiare il proprio exploit sequenza per sequenza sino al punto di fare durare “Un uomo tranquillo” 119 minuti esatti come il prototipo. Siccome inoltre molti spettatori conoscono le svolte della carriera del buon Neeson, passato dai ruoli impegnati, politici, autoriali a una sfilza di prestazioni muscolari in cui principalmente deve menare di brutto le mani, è possibile che le deviazioni stralunato-sarcastiche tentate invano dal thriller vengano percepite come autoparodia della nuova specializzazione del protagonista. Nella scarna casella dei punti a favore può senz’altro figurare l’inserimento nella colonna sonora dell’esaltante tema musicale “Apache” dedicato nel 1960 dagli Shadows all’omonima tribù nativo-americana.
UN UOMO TRANQUILLO
THRILLER, GRAN BRETAGNA/NORVEGIA/USA 2019
Regia di Hans Peter Moland. Con: Liam Neeson, Laura Dern, Tom Bateman, Tom Jackson