Pubblicato il 3 Gennaio 2020 | da Valerio Caprara
2Tolo Tolo
Sommario: Checco pseudoimprenditore di Spinazzola fugge nel Kenya perseguitato da ex moglie, Equitalia e vari creditori. Alle prese con i guai peggiori che imperversano nel terzo mondo, tenta di tornare in Europa mischiandosi ai povericristi di colore sballottati tra i biechi trafficanti del mare e gli esaltati operatori delle ONG.
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Altro che Inter di Herrera, il buon Checco si conferma campione dei film in contropiede grazie ai quali si diverte a beffare il famigerato italiano medio, abbandonato al suo destino all’esaurirsi dei cinici furori dei Germi, Risi, Sordi, Scola e Villaggio (niente a che vedere col cupo bastian contrario morettiano o il fregolismo fazioso Crozza style). Intanto è un’autentica goduria per il critico interloquire con le masse di connazionali dilaganti nelle sale dove si proietta “Tolo Tolo”: “prima lo spettatore italiano”, dunque, se è consentito scherzare con la battuta chiave del trailer musicale che da giorni sta arando e seminando il campo dove sbocceranno gli incassi da record del mattatore Zalone e il produttore Valsecchi. Ma soprattutto sta di fatto che anche nel nuovo film -sicuramente più elaborato dei precedenti sul piano dell’accuratezza formale, le locations e gli stilemi narrativi, ma non altrettanto su quello del soggetto e la sceneggiatura- il piacere di fare la spola a tutta velocità tra gli opposti estremismi e ancora di più tra gli opposti centrismi risalta alla sua inimitabile maniera bipartisan ottenendo il proficuo risultato di fare credere ogni volta a ciascuno spettatore che non sia lui, bensì il vicino di casa o di poltrona a essere preso per il sedere. Considerando poi che “Tolo Tolo” prende di petto uno dei temi politici contemporanei più delicati e complessi, il coefficiente di difficoltà ha richiesto un vero esercizio di anguillesca abilità. Riuscito o non riuscito? Per deciderlo occorre confrontarsi con un ulteriore paradosso: aperto all’ecumenico abbraccio con le folle di cui sopra, “Tolo Tolo” è zeppo di citazioni e riferimenti apparentemente comprensibili solo a tutt’altro tipo di fruitori. I balletti acquatici di Esther Williams, i motti celebri di Kennedy, i capidopera di Pasolini e Bertolucci, Spielberg del “Soldato Ryan”, i disegni animati alla Mary Poppins e per il buon peso persino l’ex leader PD Nicky Vendola sproloquiante una delle sue micidiali “narrazioni”: ecco servito chi pensasse di farsi in santa pace il pieno di buonumore senza dovere partecipare alla caccia al tesoro culturale organizzata da Luca Medici, vero nome del burattinaio che muove tutti i fili del teatrino allestito a vantaggio o meglio dire svantaggio del suo famoso alter ego qui regista oltre che attore.
Non è, per la verità, che si rida a crepapelle perché, come premesso, la ballata dopo un lungo e incoraggiante prologo s’inerpica nella serie di peripezie che capitano all’improbabile imprenditore riparato in Kenya per sfuggire ai tormenti procuratigli dalla ex moglie, Equitalia e creditori vari diventando via via meno scoppiettante e sulfurea. La struttura del road movie alla rovescia, il viaggio della speranza sui generis che dal paradiso naturale d’Africa potrebbe portare il simpatico cialtrone a quello fiscale del Liechtenstein, si avvale, per esempio, di splendidi paesaggi e inquadrature pittoresche, ma i colpi d’ala riescono a darlo solo gli evergreen di Di Bari, Endrigo o De Gregori in armonica alternanza con le esibizioni di Zalone compositore e cantante di ottimo livello. Forse si fa sentire la prova da sforzo, in ogni caso ammirevole, dell’equilibrio da mantenere nel vorticoso slalom degli atteggiamenti da prendere nei confronti dei malcapitati compagni di viaggio: gli sfruttati di colore sono perseguitati, ma non di rado si trasformano in sfruttatori; i politici italiani sono barzellette viventi, ma i poliziotti locali prendono mazzette più degli evasori nostrani; il Mussolini che è rimasto nel dna italiano è sommamente grottesco, ma purtroppo è vero che i trafficanti estorcono 3000 dollari a testa ad adulti e bambini per la traversata; sul molo dove attraccano i barconi si fronteggiano a pari merito di sgradevolezza i tifosi del “cacciateli via” e quelli del “restiamo umani”. Né qualunquisti, né cerchiobottisti, Zalone e lo sceneggiatore Virzì pensano che su tali drammatiche e ciclopiche emergenze bisogna tenere i nervi a posto e le viscere contenute, coltivare un buonsenso alternativo al terzomondismo chiacchierato e battersi per una solidarietà concreta che non scarichi la coscienza a buon mercato. Il dibattito è aperto, stavolta per fortuna al di là dei contorcimenti cripto-critici e il dubbio seminato da Zalone resta più forte della fragilità dello spettacolo.
TOLO TOLO
COMMEDIA, ITALIA 2020
Regia di Checco Zalone. Con: Checco Zalone, Souleymane Silla, Manda Touré, Nassor Said Berya, Alexis Michalik.