Recensioni

Pubblicato il 28 Aprile 2016 | da Valerio Caprara

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The Dressmaker

The Dressmaker Valerio Caprara
Soggetto e sceneggiatura
Stile
Intrattenimento
Recitazione

Sommario: Outback australiano, anni Cinquanta. Una ex reietta torna nell'arcaico paesino natale e lo sconvolge grazie alle sue doti di stilista provocatoria e raffinata.

2.8


“The Dressmaker” prefigura, caso insolito, un impatto diverso presso due categorie di spettatori, quella normale e quella composta dai fan di Kate Winslet. Intendiamoci, anche ai primi questa commedia nera tratta dall’omonimo romanzo di Rosalie Ham (Mondadori) non mancherà di fornire elementi di vibrante discussione, ma per chi reputa la pluripremiata protagonista di “Titanic” e poi, tra tanti altri titoli, di “Se mi lasci ti cancello”, “Revolutionary Road”, “The Reader” o “Mildred Pierce” una donna e un’attrice vincente su tutta la linea, la visione del film procurerà quasi uno sballo. Ci si ritrova alle prese, in effetti, con il tema del ritorno del reietto e della preparazione di un irriducibile progetto di vendetta, quasi un western ambientato, però, nell’outback australiano all’esordio degli anni Cinquanta. E già nel prologo, scandito dall’arrivo del treno come in un classico di Ford o di Leone, giganteggia la generosa silhouette della protagonista Tilly che ha dei conti da saldare con il paesino natale da cui era stata cacciata e si è pertanto fasciata in un abito Dior di raso rosso nonché armata, anziché di un Winchester o una Colt, di una sfavillante macchina da cucire Singer. Lo sperduto scenario di Dungatar, animato dalla sua zotica comunità e dai suoi ambigui abitanti, costituisce, così, il potenziale narrativo ideale per lo sviluppo di una parabola che ha per vero oggetto la lotta per sostituire un ordine sociale meschino e bigotto con un altro moderno, istintivo e libertario.

Il segreto che avvelena il passato della “sarta” e fece impazzire sua madre è solo il congegno automatico della sceneggiatura che, giustamente, si compiace molto di più delle gesta dell’eroina alias stilista temprata dall’”haute couture” parigina: una serie di provocazioni messe a segno a colpi di stoffe, colori, modelli, acconciature, abiti ammiccanti, plateali, irresistibili e soprattutto in grado di fare sbocciare i diritti del corpo e la gioia della fisicità. Peccato che la regista australiana Moorhouse non riesca a mantenere il controllo di “The Dressmaker” mentre la trama imbocca mano a mano un delirante luna park di virate, capriole e inversioni di toni ed emozioni. Passi per il sentimentalismo un po’ ruffiano che finisce con lo sminuire l’orgoglioso ribellismo dell’impostazione, ma il difetto più vistoso è provocato dalla prolissità e l’ingordigia drammaturgiche che, a un certo punto, non fanno più capire se si sia passati da “C’era una volta il West” a un melò almodovariano, da un giallo familiare a un pamphlet sociale, da “Kill Bill” alla farsa camp in stile “Priscilla la regina del deserto”. Meno male che anche il più tonto degli spettatori sicuramente avrà capito quanto la Winslet sia meravigliosa.

THE DRESSMAKER – IL DIAVOLO E’ TORNATO

REGIA: JOCELYN MOORHOUSE

CON: KATE WINSLET, JUDY DAVIS, LIAM HEMSWORTH, HUGO WEAVING

COMMEDIA – AUSTRALIA 2015

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