Recensioni

Pubblicato il 14 Settembre 2021 | da Valerio Caprara

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SYBILL/COME UN GATTO IN TANGENZIALE

Lei è un’attrice e conduttrice televisiva belga naturalizzata francese carina, sexy e professionalmente in crescita. Il suo nome è Virginie Efira, 44 anni portati con disinvoltura, nessun atteggiamento divistico e una versatilità davvero fuori standard per le autocensurate suffragette del cinema nostrano: già notata al recente festival di Cannes per il ruolo sostenuto nel controverso film di Verhoeven “Benedetta”, conferma e, anzi, raddoppia, accanto alla qualità della recitazione, una coraggiosa disponibilità alle sequenze estreme (naturalmente motivate dal copione) grazie all’uscita nelle nostre sale di “Sybil” girato nel 2019 e tenuto finora in stand-by a causa della pandemia. Sarà perché il film è scritto e diretto da una donna, ma l’aspetto che ne garantisce il buon livello complessivo è proprio la credibilità assoluta della protagonista a cui si riferisce il titolo, una psicoanalista che ha deciso di ritirarsi dal mestiere per scrivere un romanzo disseminato di autocoscienze assai pericolose. Peccato che la donna decida di fare un’ultima eccezione accettando le disperate richieste d’aiuto di una giovane attrice in crisi professionale e personale: atto che mano a mano apparirà tutt’altro che disinteressato e innocuo perché le due esperienze s’intrecciano, si sovrappongono, si alimentano a vicenda dando vita al classico e, in verità, tutt’altro che inedito tema del doppio destinato all’inevitabile spirale autodistruttiva. Senza tirare in ballo gli encomi di routine, magari è onesto confessare che l’ennesima rappresentazionedi un iperrealistico girone infernale in cui la cinepresa spazia in lungo e in largo tra acrobatiche performance erotiche, subdoli vampirismi artistici, eccessi alcolici, gravidanze indesiderate e agguati mentali a ripetizione diverte e distrae a prescindere dagli eventuali bonus di gusto e stile autoriali. Le identità femminili vi risultano peraltro preservate dai noti e causidici divieti imposti dalla (presunta) correttezza politica e le atmosfere tra il thrilling nevrastenico e l’allucinazione maledettista reggono l’attenzione dello spettatore nonostante le sbavature e gli intoppi di un copione, come abbiamo premesso, esposto al gioco poco favorevole delle somiglianze e i paragoni (senza aprire le cateratte cinefile, basta ricordare “Quello che non so di lei”, un Polanski minore del 2017).

Non è solo un nostro malizioso paradosso considerare benemerito ogni spettatore che ha staccato e staccherà il biglietto all’ingresso delle sale dove si proietta “Come un gatto in tangenziale. Ritorno a Coccia di morto”. Sembra, infatti, che siano in molti ad apprezzare il sequel della fortunata commedia sul match borgatari-borghesi indiscutibilmente spassosa e simpaticamente anticonformista: circostanza che ci permette, appunto di non dovere indossare la divisa del maramaldo sordo ai patimenti e le difficoltà dell’autore in crisi con l’universo mondo. Il sequel in questione, infatti, nonostante il rispettabile trasporto del pubblico, ci è apparso di una rara modestia, un prodotto tiepido e insipido da qualsiasi punto d’osservazione e/o valutazione ci si approcci. Tutte le situazioni e i personaggi che ci avevano sorpreso sono stati, infatti, lavati a secco e stirati al vapore della decalcomania sbiadita, del moralismo abborracciato, della pedagogia sociale spesso esplicitatada imbarazzanti spot non politici, ma addirittura partitici. La Cortellesi, brava per carità, finisce con l’essere costretta a mitragliare battutine  e mossette in ogni fotogramma disponibile e il povero Albanese a fungere da spalla subissata e superflua, quasi come le macchiette di contorno del prete “pio” cioè “bono” (che risate)Argentero, Amendola, Bergamasco e Felberbaum. Le contraddizioni dei due mondi inconciliabili, praticamente l’oro umoristico del primo capitolo, non ritrovano più una consistente ragione narrativa di sostegno e le ammiccanti citazioni dal repertorio rissaiol-televisivo del tipo “con la cultura non si mangia” non servono ad altro che a fare rimpiangere la commedia all’italiana cinica, anarcoide e imparziale dei maestri (ma anche quella degli allievi alla Virzì del capodopera “Ferie d’agosto”, rivedere per credere).

 

 

SYBIL. LABIRINTI DI DONNA

DRAMMATICO – FRANCIA/BELGIO  2019   ***

Regia di JustineTriet. Con VirginieEfira, AdéleExarchopoulos, GaspardUlliel, Sandra Huller, Laure Calamy

 

 

COME UN GATTO IN TANGENZIALE. RITORNO A COCCIA DI MORTO

COMMEDIA – ITALIA  2021  *

Regia di Riccardo Milani. Con Paola Cortellesi, Antonio Albanese, Luca Argentero, Sonia Bergamasco, Claudio Amendola, Sarah Felberbaum

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