Pubblicato il 27 Gennaio 2021 | da Valerio Caprara
0Nuove Serie: Lupin e Fran Lebowitz
Uno degli effetti, ovviamente minori, della devastante era del Covid-19 è quello della nostalgia che si prova per la perduta libertà di muoversi nei luoghi che ci sono propizi o abituali. Per lo spettatore cittadino-dipendente, in particolare, è difficile non immalinconirsi guardando opere in cui quest’atto primario della vita sociale non solo non doveva scontare i rigidi divieti odierni, ma anzi veniva usato come elemento cruciale per lo sviluppo della trama. Non a caso risulterebbe arduo appassionarsi sia a una serie ambiziosa e spettacolare come “Lupin”, sia a una sofisticata performance documentaristica come “Fran Lebowitz – Una vita a New York” senza fare i conti con le strane sensazioni che rendono così distante il passato recente.
I cinque episodi di “Lupin” finora messi in onda su Netflix (la prima stagione ne prevede dieci), per esempio, tentano di recuperare lo spirito dell’Arsène ladro gentiluomo dei romanzi di Leblanc puntando forte sull’incarnazione di Omar Sy nell’iconico personaggio, un montaggio ipercinetico avanti e indietro nel tempo e, appunto, gli sfondi rutilanti e svarianti della Parigi contemporanea. Se c’è una ragione del boom della serie originale francese, balzata al secondo posto di sempre della classifica dei prodotti della piattaforma nonché la prima a inserirsi nella top dieci americana, non è, in effetti, quella della fedeltà ai prototipi, a cominciare dai fumetti di Monkey Punch e il lungometraggio del grande Miyazaki, bensì l’accorta fusione delle componenti classiche con uno spirito moderno, spregiudicato, survoltato e non di rado ammiccante allo stile di James Bond. Il divertimento procurato è innegabile soprattutto perché il sempre più corpulento senegalese classe 1978 di “Quasi amici” nella duplice identità del finto poverocristo Assane e dell’autentico ladro trasformista sprizza simpatia da ogni lato dello schermo che ormai fa fatica a contenerlo, un po’ facendo il verso a un Eddie Murphy trapiantato nell’esagono, un po’ fondendo situazioni realistiche passate al vaglio del politicamente corretto (un magnate malvagio e mafioso, un padre diffamato e spinto al suicidio, gli immigrati sfruttati ecc.) con guizzi di bonaria magia. Il rovesciamento operato dal creatore della serie George Kay –col protagonista che mette a segno i colpi ispirandosi proprio ai gialli vintage di Leblanc- alla fine regge grazie alla praticità di un terzetto di registi più interessati a portare a casa il risultato che a conseguire la patente di maestri.
Il rapporto con l’odiosamata megalopoli funziona, come premesso, da volano nei sette episodi di circa mezzora ciascuno della docuserie che Scorsese ha girato prima della pandemia per Netflix, ma soprattutto per la sua vecchia amica e guida spirituale Fran Lebowitz: sproloquiante a ruota libera, preferibilmente passeggiando su un gigantesco plastico della Grande Mela oppure seduta a un tavolo del Players Club, la scorbutica e misantropa intellettuale atea, lesbica ed ebrea, scrittrice in quiescenza da anni, umorista e polemista inconfondibile coi suoi labbroni e i suoi occhialoni e le sue mise con giacca maschile, jeans col risvolto, stivali western e sigaretta sempre accesa, si confronta sull’intera gamma delle proprie idiosincrasie che inducono il complice-intervistatore a lasciarsi andare a una serie pressoché ininterrotta di risate. Sembra di assistere, insomma, a uno spettacolo di cabaret in cui lo humour aggressivo e incontinente di una malalingua ancora più nichilista dell’affine Woody Allen cerca di trasmettere giudizi al vetriolo, flash storici (è stata collaboratrice della prima ora di Andy Warhol), una sequela di riferimenti al bestiario di Manhattan che, però, allo spettatore italiano risultano talvolta pretestuosi o inessenziali. Il titolo originale di questo show sui generis, punteggiato di aneddoti e appunti ispidi e indifferenti ai diktat del politicamente corretto, è “Pretend it’s a City”, “Fingi che sia una città” a cui s’aggancia bene la battuta più tagliente: “Una città in cui nessuno può permettersi di vivere: eppure ci viviamo in otto milioni. Come facciamo? Non si sa”.
LUPIN
GIALLO – SERIE NETFLIX – FRANCIA 2021 **
Regia di Louis Leterrier, Marcela Said, Ludovic Bernard. Con Omar Sy, Hervé Pierre, Nicole Garcia, Clotilde Hesme, Ludivine Sagnier, Antoine Gouy
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FRAN LEBOWITZ – UNA VITA A NEW YORK
DOCUMENTARIO – SERIE NETFLIX – USA 2021 **
Regia di Martin Scorsese. Con Fran Lebowitz