Recensioni

Pubblicato il 27 Gennaio 2021 | da Valerio Caprara

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Nuove Serie: Bridgerton e Ethos

Gli appassionati occasionali o abituali di cinema stanno girando da un anno su stessi, rimuginando all’infinito analisi e previsioni che ormai si sono trasformati in una sorta di esorcismi. In questo turbine tra lo smarrito e l’interdetto ci sembra che il concetto più semplice e chiaro l’abbia espresso Piera De Tassis presidente dell’Accademia del Cinema italiano: “La morte del cinema è stata annunciata molte volte, ma non è mai avvenuta: il cinema è sopravvissuto all’avvento del sonoro, della tv, del dvd e sopravvivrà allo streaming, adeguandosi. Assisteremo probabilmente a una divaricazione e polarizzazione tra le multisale blockbuster, e i piccoli circuiti d’autore per un pubblico esigente, metropolitano, più anziano ma che, in realtà, si alimenta e rinnova in continuazione perché proprio le piattaforme hanno allargato il panorama”. Sta di fatto che due serie come “Bridgerton” ed “Ethos”, entrambe targate Netflix, continuano a contendersi il primato dell’audience nel segno, appunto, di impianti narrativi e stilistici del tutto diversi e adatti a pubblici pressoché opposti.

La prima, non a caso affidata al pupillo Van Dusen da Shonda Lynn Rhimes, sceneggiatrice e produttrice tv inserita nella lista delle cento persone più influenti del mondo dalla rivista “Time” dopo l’imperitura fama conquistata da “Grey’s Anatomy”, è la trasposizione di un romanzo rosa nobilitato, la versione aggiornata dei romanzi di Jane Austen non per questo meno riuscita e rilassante. Forse la newyorkese Julia Quinn, autrice dei bestseller ambientati nella Londra Regency d’inizio Ottocento, aveva già immaginato che il suo ricalco astuto, spregiudicato e dichiaratamente cheap avrebbe trovato il naturale proseguimento nel cinema, ma la soluzione seriale è andata al di là delle sue migliori aspettative: un budget opulento, scenografie, musiche e fotografia super accurate, ritmi sostenuti e una trama che sembra ideata apposta per frammentarsi e moltiplicarsi come hanno insegnato gli archetipi alla “Sex and the City”, ma anche i voluti anacronismi ideati dal cinematografico pastiche “Marie Antoinette” di Sofia Coppola. Nella cavalcata continua (perdonate il doppiosenso) della giovane Daphne a caccia di un marito nell’alta società prima in combutta complottista e poi in amore con il duca Simon, interpretato dal bellissimo e aitante attore creolo Regé-Jean Page, due sono i fattori principali del vero e proprio fanatismo suscitato nella sterminata audience internazionale: le scene di sesso ottime e abbondanti che avrebbero provocato un collasso alla Austen morta nubile e i reiterati richiami al politicamente corretto sotto forma di condanne di taglio aggiornato di ogni forma, anche latente, di razzismo e fiera esaltazione della lotta delle donne contro l’autoritarismo del potere maschilista.

“Ethos” (titolo originale “Bir Baskadir”), otto episodi disponibili su Netflix che a qualche spettatore hanno ricordato –magari solo perché battenti bandiera turca- i film di Ozpetek, si concentra invece su un gruppo di personaggi dell’Istanbul contemporanea, concatenando relazioni attorno al caso della trentenne cameriera Meryem affetta da un’imbarazzante e insolita sindrome psicosomatica. Altrettanto cruciale è la figura della sua terapeuta Peri, elegante, sofisticata, carismatica, ma penalizzata da un controtransfert di matrice classista che le impedisce di risolvere positivamente le disperate richieste d’aiuto dell’isterica contadinella: peccato che l’allargarsi progressivo del puzzle, svariante tra i toni introspettivi cari all’iraniano Farhadi e il romanzo neo-naturalista, conferisca un carattere talvolta uggioso alle faccende quotidiane in cui si specchiano e confliggono le drammatiche contraddizioni tra la Turchia islamica conservatrice e la Turchia laica moderna e laica volentieri misurate sulla differenza tra la vita vera e “quel che racconta la televisione” (i richiami alla realtà e il disprezzo per la fiction nel cinema d’autore espongono sempre, purtroppo, le stesse banali argomentazioni). Restano da segnalare la qualità della solida regia di Berkun Ova alquanto indenne dai vezzi esotisti e le prove degli interpreti spronati a denudare la propria personalità di fiction maltrattata dalle suddette contraddizioni, ma anche e forse di più dalle opposte e inconciliabili condizioni economiche e sociali. Il risultato complessivo (chiaramente desunto dal format “In Treatment”, la serie tv creata in Israele e poi ripresa negli Usa e anche in Italia tra il 2013 e il 2017) secondo noi procura probabilmente più ammirazione che entusiasmo e sicuramente più interesse che empatia.

 

BRIDGERTON

STORICO-SENTIMENTALE    GRAN BRETAGNA/USA 2020 ****

Serie creata da Chris Van Dusen

Con Phoebe Dynevor, Regé-Jean Page, Jonathan Bailey, Nicola Coughlan, Claudia Jessie

 

ETHOS

DRAMMATICO   TURCHIA 2020   **

Serie creata da Berkun Oya

Con Oyku Karayel, Faith Artman, Funda Erygit, Dafne Kayalar, Tulin Ozen

 

 

 

 

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