Recensioni

Pubblicato il 19 Aprile 2024 | da Valerio Caprara

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Ripley

Seppure sia sempre più pretestuoso l’ostracismo del cinefilo puro e duro nei confronti delle serie tv, è doveroso aggiungere che non è tutto oro quello che riluce nel mare magnum di quest’ultime. Anzi, negli ultimi tempi è diventato difficile contrapporre al cinema in sala prodotti delle piattaforme a pagamento che si svincolino dalla routine consumistica e colpiscano davvero nel segno: uno di questi rari casi, però, riguarda  l’attuale exploit di “Ripley”, otto puntate disponibili su Netflix dirette da Steven Zaillian, lo sceneggiatore premio Oscar di “Schindler’s List e della serie di culto “The Night Of”. Tra i personaggi dei formidabili noir di Patricia Highsmith spicca da sempre Ripley, truffatore e assassino trasferito più volte sugli schermi da famosi registi come Clément (“Delitto in pieno sole”), Minghella (“Il talento di Mr. Ripley”), Wenders (“L’amico americano”) e Cavani (“Il gioco di Ripley”) e interpretato da attori del calibro di Damon e Malkovich, eppure quest’ultima versione ne reinventa ex novo ritmo, coordinate psicologiche e atmosfere. Tra le quali emerge sino dal prologo il meschino contabile newyorkese Tom (Scott) che riesce a cogliere l’inaspettata chance di viaggiare in Italia e potere usufruire della dorata esistenza dell’ereditiero Dickie (Flynn) e la sua partner Marge (Fanning)…

I meriti della serie, deo gratias estranea al redentorismo del politicamente corretto (il Male esiste), iniziano dall’originalità e la qualità degli sfondi colti dalla fotografia di Roger Elswit in un bianco e nero che essenzializza e concentra la bellezza della costiera amalfitana, la città e le chiese di Napoli, gli edifici patrizi romani e veneziani e la riarsa Sicilia in un’abbagliante luminosità squarciata, però, a tratti dalle acmi parossistiche che -insieme allo shock subito in seguito all’impatto con i quadri del ‘maledetto’ Caravaggio- allignano nella mente contorta di Ripley, un Gatsby all’ennesima potenza criminale. Senza contare la colonna sonora che per una volta non sovrasta le sequenze con i consueti inserti di maniera, bensì utilizza i classici del tempo (Mina, Buscaglione, Renis) per integrarli in trame e sottotrame, a loro volta non troppo dilatate come purtroppo accade negli hit della serialità smodata. Il determinismo hitchcockiano s’ibrida, così, con il post-neorealismo alla “Dolce vita” facendo in modo che gli eventi ambientati nei nostrani anni Sessanta mano a mano li trascendano sino a evocare, assieme alla meticolosità di espressioni, gesti e movenze, l’ambiguità morale che incombe sui rapporti di forza classisti e individuali d’ogni tempo. Risultato ottenuto soprattutto grazie all’incarnazione nel protagonista del talentuoso dublinese Scott, il professor Moriarty della serie tv “Sherlock”, che s’insinua nell’identità e il corpo delle vittime dissimulando con calma agghiacciante falsità, cinismo e spietatezza. Il suo luciferino sorrisetto non si scorderà mai.

 

 

RIPLEY

NOIR – USA 2024

Serie Netflix, 8 episodi di Steven Zaillian. Con Andrew Scott, Dakota Fanning, Johnny Flynn, Renato Solpietro, Eliot Summer, Dan Matteucci, Giacomo Colavito

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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