Recensioni

Pubblicato il 7 Luglio 2022 | da Valerio Caprara

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REVOLUTION OF OUR TIMES/GOLD/MISTERO A SAINT-TROPEZ

Tra documentari e film di fiction la competizione è più che mai viva. Anche perché mentre i primi crescono in tutti i sensi, i secondi scontano la più grande crisi (almeno in sala) della storia del cinema. In questo quadro acquista rilevante importanza la distribuzione del nuovo e sin troppo nutrito lavoro di Kiki Chow, una delle autrici dell’apprezzatissimo film a episodi “Ten Years” sul futuro di Hong Kong: “Revolution of Our Times”, infatti, costituisce una testimonianza accorata e sconvolgente delle imponenti manifestazioni che nel 2019 scatenarono la protesta di milioni di persone, si calcola più di un quarto dei cittadini, contro la “restituzione” dell’ex colonia britannica al regime dittatoriale cinese. Il film, che tocca il diapason drammatico con le riprese della lotta a colpi di slogan, fionde e molotov contro i manganelli e i lacrimogeni della polizia, l’occupazione del Politecnico e l’arresto in massa di manifestanti, è stato subito bandito in patria e in Cina nonché proiettato per la prima volta in pubblico l’anno scorso al festival di Cannes con modalità semiclandestine (senza promozione e senza preavviso). La situazione attualmente è soffocata, anche per colpa della pandemia, dal tallone di ferro cinese, ma è grave che dalle nostre parti nessuno o quasi ne faccia più cenno. Il dato più triste, insomma, contro cui il documentario erige un suo piccolo quanto strenuo argine, è che nei talk show a proposito dell’invasione dell’Ucraina si fornisce spazio e credito a chi le spara più grosse sostenendo, in pratica, che il solo modello possibile, per quanto imperfetto, della democrazia pluralista vada considerato uguale o magari inferiore a quello delle diverse forme di autocrazia in stile russo, venezuelano, nordcoreano o, appunto, cinese.

Del tutto diversa e peraltro godibile appare, invece, l’opera terza dell’australiano Hayes che è anche il deuteragonista del classico thriller di sopravvivenza “Gold” in cui Zac Efron si carica sulle aitanti fattezze il carico di tutte le più brutali sofferenze possibili di una situazione no limits. L’attore abbandona definitivamente lo slogan che a suo tempo lo definiva negli Usa “il ragazzo che più tappezza le camere delle adolescenti” interpretandovi un uomo senza tetto né legge in viaggio nell’outback australiano accompagnato da un altro desesperado in fuga dal passato. Succede, però, che nel corso di una delle soste i due scovino un’immensa pepita d’oro sepolta nella sabbia e impossibile da recuperare a mani nude. Zac resta a fare la guardia con l’unico conforto di un telefono satellitare e il socio si mette in marcia per procurarsi una scavatrice adeguata: segue un calvario prevedibile ma avvincente con ogni sorta di “nemici” –caldo torrido zero acqua, scorpioni, serpenti, cagnacci del deserto e anche un’inquietante donna guerriera- che lo ridurranno ben presto letteralmente a brandelli… Lo schema è limpido e ferreo, ispirato com’è ai classici dell’avventura apocalittico-masochistica alla “Il tesoro della Sierra Madre”, ma la favola nera sull’avidità umana messa a bagnomaria nell’ambiente più ostile che esista ha sempre il suo fascino. Tranne per gli indefettibili ecologisti, ovviamente.

Aria condizionata e voglia di non pensare a niente costituiscono il motivo per scegliere “Mistero a Saint-Tropez”, commedia demenziale d’oltralpe concepita e realizzata in omaggio alle serie della Pantera rosa e l’ispettore Clouseau dell’irresistibile Sellers. Persino l’ambientazione è vintage perché s’immagina che nell’estate 1970 della Costa azzurra all’apice della leggenda il produttore di birra Croissant (nella versione italiana) e la consorte stiano organizzando nella loro sontuosa villa l’abituale party per vip, ma che nelle more dei preparativi il milionario proprietario subisca un misterioso attentato. L’unico poliziotto disponibile a Parigi non è, però, il migliore bensì il peggiore e così il commissario Botta (accento sulla a) inizierà le indagini tenendo fede al proprio curriculum catastrofico. Il regista Benamou tiene conto, ovviamente, anche dei gendarmi copyright de Funès, ma i modelli gli sfuggono dalle mani e l’inghippo si risolve in una serie di gaffe, siparietti e cadute di scarso mordente e talvolta, come direbbero oltralpe, decisamente “grossiers” (vietato citare il capolavoro “Hollywood Party”). Un po’ di risate sono tuttavia garantite dalle singole performance dei bravi attori che si danno da fare nel corso del carosello di equivoci, primi fra tutti Clavier, Poelvoorde e l’ormai debordante Dépardieu in licenza di sfottere. Una notazione riservata agli spettatori (e ai critici) di una certa età riguarda il moto nostalgico suscitato alle qualità perdute della commedia, una volta connesse a un senso di libertà mentale, allegria spigliata, serenità generazionale che oggigiorno impietosamente latita.

 

REVOLUTION OF OUR TIMES

DOCUMENTARIO – HONG KONG  2021   ****

Un film di Kiki Chow

 

GOLD

THRILLER – AUSTRALIA  2022   ***

Un film di Anthony Hayes. Con Zac Efron, Anthony Hayes, Akuol Ngot, Susie Porter, Andreas Sobik, Thiik Biar

 

MISTERO A SAINT-TROPEZ

COMMEDIA – FRANCIA/BELGIO  2021   **

Un film di Nicolas Benamou. Con Christian Clavier, Benoît Poelvoorde, Gérard Depardieu, Thierry Lhermitte, Virginie Hocq, Rossy de Palma

 

    

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