Recensioni

Pubblicato il 1 Settembre 2023 | da Valerio Caprara

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Oppenheimer

Oppenheimer Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario: Stralci biografici della controversa figura di J. Robert Oppenheimer, il genio della fisica quantistica tramandato ai posteri con la lugubre etichetta di padre della bomba atomica. In veste di direttore del "progetto Manhattan" fu decisivo nel permettere agli Usa di stroncare con le fatali deflagrazioni di Hiroshima e Nagasaki il Giappone filo hitleriano alla fine della seconda guerra mondiale, ma poi finì screditato all’acme della nevrosi patriottica fomentata dal maccartismo.

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Non è un grande film, ma certo un film grande. Da vedere, certo e deo gratias da discutere (accade sempre più raramente). Girato con telecamere Imax 65mm e suddiviso in tre periodi lungo circa tre decenni, “Oppenheimer” è un complesso, singolare, ipertrofico esemplare di blockbuster insieme storico, biografico e processuale, uno psicodramma d’autore gremito di strappi e rammendi che ammaliano lo spettatore, ma nel contempo lo espongono a un’esperienza a tratti prolissa e farraginosa. Se per fissione nucleare s’intende il rilascio di energia che avviene quando il nucleo di un atomo viene diviso, Nolan ha concepito il suo exploit da critica e botteghino come un test di fissione cinematografica operando, cioè, la frammentazione sistematica dei fatti come in particelle e onde audiovisive che si scontrano incessantemente fino a ottenere una fitta densità visionaria. A sostenere l’ambizioso disegno c’è per fortuna un protagonista giusto, l’irlandese Cillian Murphy dagli occhi blu ghiaccio che s’incarna come pochi altri attori sarebbero stati in grado di fare nella controversa figura di J. Robert Oppenheimer, il genio della fisica quantistica tramandato ai posteri con la lugubre etichetta di padre della bomba atomica… Un Prometeo moderno -come suggerisce il titolo del libro di Bird e Sherwin da cui il film in gran parte è tratto- punito per aver osato offrire il fuoco nucleare all’umanità? È più o meno lo stesso punto di vista di Nolan, che struttura le tre ore di durata come una sorta di oratorio laico incentrato sui cruciali stralci biografici del direttore del progetto top secret Manhattan che stroncò con le fatali deflagrazioni di Hiroshima e Nagasaki il Giappone filo hitleriano alla fine della guerra mondiale, ma poi finì screditato all’acme della nevrosi patriottica fomentata dal maccartismo. Infatti nei successivi anni 50, in piena Guerra fredda, quando era ormai tormentato da dubbi e rimorsi sugli effetti della bomba sui rapporti di forza mondiali, “Oppie” venne ingiustamente accusato di contiguità col nemico perché in passato era stato un simpatizzante comunista (ancorché alcuni congiunti furono realmente militanti del partito e nell’equipe insediata a Los Alamos s’infiltrarono realmente spie sovietiche) e si ritrovò alle prese con le vessatorie udienze dell’inchiesta che doveva decidere se potesse o meno continuare a lavorare nella Commissione per l’energia atomica. Non fu mai sottoposto a un vero processo penale, è bene ricordarlo a chi pensasse d’equiparare questi oscuri frangenti della storia americana al Terrore staliniano, ma l’ultima parte del film risulta comunque fiacca perché s’accontenta di contrapporre al sapiente maestro una specie di Salieri, nella fattispecie il classico politicante frustrato e sleale interpretato peraltro magistralmente da Downey jr. (ma l’intero cast è senza dubbio stellare).

In effetti al di là delle prodezze formali -destrutturazione del ritmo, sfalsamenti temporali, passaggi dal bianco e nero “oggettivo” al colore “soggettivo”, martellamento della musica elettronica di Goransson- ciò che sta davvero a cuore a Nolan più della corsa contro il tempo ingaggiata dagli Usa contro la Germania per dotarsi dell’”arma finale”  è l’enigma umano dell’ebreo newyorkese un po’ scienziato e un po’ guru, un po’ arrogante e un po’ ingenuo, un po’ dandy e un po’ donnaiolo, a volte pacifista convinto di aver posto fine a tutte le guerre e a volte terrorizzato dal sentirsi sull’eco della sacra scrittura induista Bhagavad-Gita, un “distruttore di mondi”. Per quanto corretto sul piano documentale, il film tende via via a ricondurre il thrilling morale e concettuale al risaputo scetticismo sul valore delle scoperte scientifiche in relazione all’uso che ne viene fatto. Si capisce come in questo quadro rimpicciolito rispetto alla grandiosità dell’assunto si possano trovare nessi col cinema panteistico di Malick o quello complottistico di Stone, mentre risultano del tutto campati in area i richiami al sardonico nichilismo di Kubrick. Insomma un film nolaniano al cento per cento, la summa dell’estetica monumentale del regista britannico le cui angosce ideali e ossessioni psicologiche non risultano, però, sempre risolte e efficaci: non ultimo dei suoi problemi è il fatto che volendo accostarsi all’indecifrabilità dell’essere umano ha profuso una dose eccessiva di misantropia e una respingente aridità di sentimenti, finendo col negare al profeta e paria, santo e martire qualsiasi legame emotivo con i personaggi con cui interagisce e rendere il congegno drammaturgico a tratti algido e impersonale.

 

OPPENHEIMER

STORICO-DRAMMATICO – GRAN BRETAGNA/USA 2023 Un film di Christopher Nolan. Con Cillian Murphy, Emily Blunt, Florence Pugh, Gary Oldman, James D’Arcy, Rami Malek, Robert Downey Jr

 

 

 

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