Pubblicato il 10 Novembre 2018 | da Valerio Caprara
0Notti magiche
Sommario: Mentre l'Italia viene eliminata ai mondiali di calcio del '90, un chiacchierato e pittoresco produttore finisce con la sua auto in fondo al Tevere. Tre aspiranti sceneggiatori venuti dalla provincia nella capitale per inseguire il sogno del successo ricostruiscono in una notte d'interrogatori non tanto il recente rapporto col defunto, quanto l'inebriante, squinternato, comico, avvilente impatto col microcosmo in decadenza dei mitici 'cinematografari'.
1.5
Proteggiamolo come il panda Virzì Paolo da Livorno, cineasta popolare col retrogusto colto come ce n’erano all’epoca d’oro del cinema nostrano, dotato di un approccio leggero e disincantato, aperto all’autoironia ma anche pronto a sfoderare gli artigli del sarcasmo. Autore di capidopera come “Ferie d’agosto” e “Il capitale umano” e un solo scult (“ N – Io e Napoleone”), ha avuto quasi sempre non tanto l’umiltà bensì l’intelligenza di lavorare con sceneggiatori affiatati e professionali, sintonizzati con il suo approccio appassionato ma all’occorrenza feroce alle commedie congegnate per castigare ridendo i costumi. Oggi cinquantaquattrenne -ma con l’argento vivo che si porta addosso potrebbe averne ancora venti- cerca con un entusiasmo sconosciuto ai tanti colleghi apocalittici di professione di proporre al pubblico intorpidito delle sale “Notti magiche”, un amarcord in agrodolce sugli anni in cui si trasferì dalla provincia alla metropoli. Per questo benemerito intento bisognerebbe dargli una medaglia e, tutto sommato, il film conferma sul campo il dna di un raccontatore di storie solare, positivo, malizioso più che nostalgico, autobiografico eppure sicuro di rivolgersi a molti ricostruendo una sorta di murales animato della Roma cinematografara tra gli anni Ottanta e Novanta diviso in parti eguali tra poesia e prosa, genialità e cialtroneria, vitalismo e spudoratezza, gloria dei vip e sfiga dei neofiti.
Magari “Notti magiche” non entrerà nel novero dei suoi hits perché scorre con un ritmo scoppiettante e la spigliatezza del memoir di prima mano, ma sconta l’handicap dell’esilità dell’aggancio giallo e di un terzetto di protagonisti stranamente un po’ scialbo e scostante e dunque alquanto inidoneo a tenere le fila del maxi flashback riassuntivo che parte dalla sera di luglio del 1990 quando la nazionale di calcio fu eliminata ai mondiali in semifinale dall’Argentina di Maradona. Il sospetto è, insomma, quello che il progetto di commedia in formato mini-balzacchiano modellato sull’abito dell’ultima stagione di pazza gioia del cinema italiano si limiti a comporre una collana di strizzatine d’occhio gradevoli (non si contano i cammei rifiniti con destrezza da big come Giannini, Herlitzka, Bonacelli) ma a ricorrente rischio macchiettistico. Va da sé, infatti, che i cinéfili si divertiranno enormemente più degli spettatori molto giovani o disinteressati all’argomento perché è indubbio che il tourbillon eroicomico fa migliore effetto su chi è in grado d’incollare sull’album delle gag le figurine dei corrispondenti personaggi autentici: a pagina tale le botteghe degli sceneggiatori stakanovisti alla De Concini o Scarpelli, a pagina talaltra un Fellini caricatura di se stesso che gira il tremendo “La voce della luna”, in un’altra ancora il produttore simil Cecchi Gori seduto alla scrivania con bonazza in braccio, più avanti le tavolate di habitué nelle osterie Otello alla Concordia o Checco er Carettiere oppure Mastroianni piagnucolante per essere stato lasciato dalla “francese stronza”, Antonioni venerato maestro dell’incomunicabilità a comando e la Muti che s’alza la gonna per gratificare il fan incontinente… Tra i modelli a cui s’è sempre apertamente e proficuamente ispirato, Virzì stavolta ha scelto lo Scola di “C’eravamo tanto amati” e soprattutto “La terrazza”, ma in ogni caso è inutile fare paragoni perché per un cineasta odierno anche la perfidia come la nostalgia non è più quella di un tempo.
NOTTI MAGICHE
Commedia, ITALIA 2018
Regia di Paolo Virzì. Con: Mauro Lamantia, Giovanni Toscano, Irene Vetere, Giancarlo Giannini, Roberto Herlitzka