MUORI DI LEI
Sommario: Luca è un insegnante frustrato e umiliato dal suocero, però molto innamorato della moglie Sara che sta provando a concepire un figlio con la fecondazione assistita. Proprio quando la pandemia dilaga una sexy e misteriosa ragazza affitta una stanza nel B&B dello stesso palazzo dove abita la coppia e Luca si ritrova sempre più spesso a spiarla da una finestra prospiciente…
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Finestre sul cortile. Non è frequente imbattersi in un thriller italiano -per di più dai risvolti fortemente erotici- sceneggiato con attenzione all’intreccio e girato senza ricorrere alle convenzioni dozzinali del genere. Non era dunque scontato riconoscere a “Muori di lei” di Stefano Sardo, anche cosceneggiatore con Giacomo Bendotti a partire da un proprio soggetto, la stringatezza dei cento minuti di durata, l’elegante livello formale e la solida struttura drammaturgica che include come fattore ambientale (fortunatamente non pretestuoso) i drammatici frangenti del marzo 2020 quando scattò nel nostro paese il controverso lockdown causato dal Covid-19. Riassumendo al massimo -perché su questo tipo di film meno si anticipa, meglio è- il protagonista Luca (Scamarcio) interpreta un insegnante frustrato perché semi mantenuto e umiliato dal suocero ginecologo (Pierobon) però molto innamorato della moglie Sara (Giannetta), che proprio grazie al papà specialista sta provando a concepire un figlio con la fecondazione assistita. Proprio quando la pandemia dilaga la flessuosa e disinibita cubana Amanda (Garriga) affitta una stanza nel B&B dello stesso palazzo dove abita la coppia e siccome Sara è un medico ospedaliero che a causa della situazione d’emergenza è costretta a prestare servizio quasi a tempo pieno, il coniuge autorecluso in casa si ritrova sempre più spesso a spiare la vicina da una finestra prospiciente… Scamarcio si rivela come al solito duttile ed efficace e Pierobon perfetto nelle vesti del personaggio più odioso, mentre purtroppo non spiccano altrettanto le attrici e specialmente la dark lady che oltretutto tende a impastare la dizione. Ovviamente non mancano i riferimenti cinefili sulla linea Hitchcock-De Palma mentre l’abbondante corredo di citazioni colte, alcune plateali, altre sottotraccia, rischiano il compiacimento autoriale, ma per fortuna il meccanismo degli sguardi incrociati (che spesso s’ingannano a vicenda) funziona da efficace metafora del cinema stesso e garantisce la buona tenuta degli svariati colpi di scena che si susseguono in vista di finale e finalissimo.