Recensioni no image

Pubblicato il 24 Ottobre 2024 | da Valerio Caprara

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Megalopolis ***

Ci imbattiamo sempre più spesso in film talmente miseri e triti da farci accogliere come una manna qualsiasi titolo che punti in alto e travalichi il piccolo cabotaggio: è il caso, ovviamente, di “Megalopolis” che segna il ritorno sugli schermi di Francis Ford Coppola, inattivo dal 2011 ma unanimemente ritenuto un caposcuola della settima arte. È ampiamente noto, tra l’altro, che l’ottantacinquenne regista di “Il Padrino” e “Apocalypse Now” ha investito di tasca propria 120 milioni di dollari per potere portare a termine questo kolossal d’autore, un sogno titanico coltivato per anni contro tutto e tutti, a cominciare dall’arido mondo del business attualmente dominante a Hollywood. Non è facile di conseguenza ammettere che la spasmodica attesa ha prodotto anche in adepti indefettibili come noi una sgradevole sensazione di sconcerto. Sta di fatto che Coppola ha congegnato insieme al figlio Roman una sceneggiatura ambiziosissima, costellata di citazioni a effetto, gremita di allusioni a Musk e Trump (ma ci sono anche Hitler e Mussolini) e ambientata in una New York futuristica assimilata per vizi e decadenza alla Roma antica in cui i personaggi principali s’ispirano vagamente al racconto della congiura antirepubblicana ordita nel 63 a.C. dall’aristocratico Catilina. Districandosi tra le volute di un’allegoria fantascientifica sull’ipotetico declino dell’Impero americano, lo spettatore si ritrova, così, proiettato al centro del conflitto tra Cesar Catilina (Driver) e Franklyn Cicero (Esposito): il primo, geniale architetto in grado di fermare il tempo a piacimento, vuole fare evolvere la città grazie all’invenzione del “megalon”, un materiale miracoloso che gli permette d’incentivare i suoi progetti avveniristici, mentre il secondo è il sindaco uscente, reazionario e contiguo alla mafia, strenuo sostenitore dello status quo ma in calo di consensi. L’unica figura positiva, presumibilmente in forma d’omaggio agli imperativi politici in voga, è una donna ovvero l’emancipata Julia (Emmanuel) che si divide per amore e parentela tra i due diversamente megalomani protagonisti. A luci riaccese si ha la netta impressione che la trama di due ore e venti, spinta sempre alle soglie del grottesco e compiaciuta dei suoi anacronismi (s’indossano tuniche e calzari ma si viaggia in Citroën), non sia riuscita a compattare le atmosfere svarianti in maniera compulsiva dal filone peplum – corse di bighe e gladiatori compresi- al pamphlet distopico, dalla commedia grossier (Crasso/Voight che scocca una freccetta sul sedere del figlio) al fantasy psichedelico e persino il cartone animato, anche a causa delle recitazioni sopra le righe, i dialoghi ampollosi e gli effetti speciali inopinatamente sorpassati. Il maestro si è assegnata chiaramente la missione di dimostrare che il linguaggio del cinema può perseguire obiettivi in precedenza impensabili e dunque di doverne forzare norme e limiti come a suo tempo fecero titani come il Gance di “Napoléon” o il Lang di “Metropolis”: a sprazzi alcune intuizioni magari ci riescono, ma gli esperimenti visivi e narrativi a ruota libera non tengono testa alle troppe metafore banali, specie quella che contrappone la libera e irriducibile fantasia degli artisti al grigiore degli uomini incapaci di sognare in grande. Un concetto ribadito fino alla sazietà che finisce col confinare il film nel ruolo di testimonianza autobiografica se non testamentaria.

 

MEGALOPOLIS

FANTASCIENZA – USA 2024

Un film di Francis Ford Coppola. Con: Adam Driver, Giancarlo Esposito, Nathalie Emmanuel, Aubrey Plaza, Shia LaBeouf, Jon Voight

 

 

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