Recensioni

Pubblicato il 8 Marzo 2021 | da Valerio Caprara

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L’ultimo paradiso / Calibro 9

Cos’è che rende così odioso in campo artistico il canone del politicamente corretto? Non tanto i coercitivi contenuti progressisti, bensì l’impudenza con cui certi invasati cercano di censurare ciò che non vi rientra (ultime perle: invocare la censura per “Peter Pan” perché i nativi americani sono chiamati pellerossa e gli “Aristogatti” perché il gatto siamese Shun Gon mette in cattiva luce gli asiatici). Altro discorso merita un cinema che mette tutte le carte in tavola senza infingimenti poetici o finti unanimismi: il versatile Scamarcio, attore di cuore e di cervello qui impegnato in un duplice ruolo a specchio, ci avrà certo fatto conto perché “L’ultimo Paradiso” (Netflix), il turgido melodramma che ha coprodotto e cosceneggiato insieme al regista Ricciardulli, lancia una sfida proprio in questo senso riaprendo l’album della più ortodossa, arcigna e desueta lotta di classe. Tra l’altro, anche se il pensiero degli spettatori più giovani corre subito ad accendere un cero sotto le icone di Loach, Leigh o i Dardenne, è il caso di ricordare che su questo tema l’Italia vanta una grande tradizione nell’’immediato dopoguerra: la storia del contadino Ciccio Paradiso che alla fine degli anni Cinquanta non si piega alle prepotenze dei caporali e osa scontrarsi con lo spietato latifondista cumpà Schettino amoreggiando con la sua prediletta figlia Bianca, ha, in effetti, il fegato di richiamare in servizio sugli arcaici fondali delle Murge tra Lucania e Puglia la suspense dello scontro tra ricchi e poveri, sfruttati e sfruttatori, patriarchi maschilisti e femmine ribelli come a suo tempo fecero il De Santis di “Riso amaro” o “Non c’è pace tra gli ulivi” e il Germi di “Il cammino della speranza” o “Il Brigante di Tacca del Lupo”. Il sapore vintage della tragedia verghiana innestata con accuratezza di scenografie, costumi e fotografia nell’eterna piaga della questione meridionale è adatto ai palati forti, non prevede uscite di sicurezza sotto forma di prediche a bagnomaria progressista, sconta le sue brave convenzionalità e forzature, ma riesce a portare lo spettatore sino all’incongruo finale favolistico senza farlo sentire un ospite dei dibattiti di seconda serata in tv.

Altra operazione di recupero è quella effettuata da Toni D’Angelo, cineasta vigoroso beneficiato da un carattere d’amianto (essendo discepolo da sempre del cinema di genere noir, pur non rinnegando mai l’imprinting napoletanissimo del padre Nino), con “Calibro 9”  disponibile su numerose piattaforme on demand che incarna nello stesso tempo un omaggio e il seguito di “Milano Calibro 9” (1972), punta di diamante della trilogia noir di Fernando Di Leo trasposta all’inizio dei Settanta con molta libertà dai bestseller di Scerbanenco. L’ex orgogliosa metropoli funge ancora da scenario ideale di una brutalità criminale assoluta, ma il film si sforza di riposizionare fatti e personaggi su una mappa aggiornata a livello locale e internazionale: il protagonista Fernando (Bocci), figlio del malavitoso Piazza è un ambiguo avvocato penalista che si ritroverà trascinato in una caccia all’uomo sotto l’ombra della ‘ndrangheta, però condizionata anche dalle schermate dei pc manipolate da hacker persino più diabolici dei sanguinari affiliati del clan. Le sequenze d’azione superano nettamente quelle degli incontri e scontri a base di dialoghi talvolta un po’ manierati e psicologicamente malfermi, ma l’aspetto interessante è che il gioco a rimpiattino con l’originale che potrebbe stancare lo spettatore non devoto allo stracult di Di Leo a poco a poco si esaurisce a favore di uno sguardo autonomo che vuole alludere alla tragicità di un mondo che è diventato ancora più cinico e sfrontato. I protagonisti maschili stentano a seguire lo slancio del regista, ma per fortuna va meglio con le signore e signorine coinvolte nella giostra criminale: in quest’ottica la rentrée della sexy star Bouchet trova la sua ragion d’essere al di fuori del fortino in cui potrebbero appassire i sogni del cinefilo.

 

L’ULTIMO PARADISO

DRAMMATICO – ITALIA 2021

Regia di Rocco Ricciardulli. Con Riccardo Scamarcio, Gaia Bermani Amaral, Antonio Gerardi, Valentina Cervi, Peter Arpesella, Giovanni Cirfiera

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CALIBRO 9

POLIZIESCO – ITALIA/BELGIO 2020

Regia di Toni D’Angelo. Con Marco Bocci, Ksenia Rappoport, Barbara Bouchet, Andrea Arru, Michele Placido, Alessio Boni

 

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