Recensioni

Pubblicato il 4 Aprile 2016 | da Valerio Caprara

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Love and Mercy

Love and Mercy Valerio Caprara
Soggetto e sceneggiatura
Regia
Attori
Emozioni

Sommario: Due periodi della vita travagliata di Brian Wilson, leader carismatico della mitica band dei Beach Boys.

3.3


Diffidando dei biopic tradizionali, quelli che tratteggiano in stretto ordine cronologico il profilo di una celebrità, troviamo convincente e coinvolgente Love and Mercy di Bill Pohlad che non è fatto della consueta pasta agiografica ed è piuttosto un film modellato sulla vita e l’opera di Brian Wilson, il cantante, compositore, bassista, pianista, cofondatore e mente dei Beach Boys. Solo i critici musicali e gli habitué dell’argomento potranno valutare in linea teorica la convinzione implicita nella sceneggiatura che quel gruppo –a lungo sottovalutato in quanto preso unicamente a simbolo della futilità californiana tutta sorrisi, sole e surf- sia in realtà uno dei più importanti e innovativi della storia del rock, non a caso precedente l’epifania dei Beatles e i Rolling Stones (Paul McCartney continua a considerare Wilson un genio e il mitico produttore George Martin indicava nell’album Pet Sounds l’agognato modello di Sgt. Pepper). Per gli spettatori non specialisti funziona, in ogni caso, la scelta di basare il film sull’andirivieni tra due periodi cruciali della biografia, ognuno dei quali incarnato da un attore diverso: Paul Dano nel clou dei Sessanta, quando lo straripante successo non impedisce che il perverso rapporto col padre e la devozione a un compulsivo sperimentalismo provochino il buio nella mente del creatore di Good Vibrations; John Cusack alla fine degli Ottanta, quando il ritiro, la depressione e il silenzio, l’intossicazione da ogni tipo di sostanze e farmaci e la deriva paranoica indotta dal plagio dello psichiatra Landy (un torvo Paul Giamatti) vengono fronteggiati in extremis dall’incontro con l’innamorata e pugnace seconda moglie Linda (Elizabeth Banks). La contrapposizione tra bagni di folla e discese all’inferno produce, così, una rievocazione non troppo didascalica dei rapporti dei musicisti col mercato, le divergenze strategiche, le registrazioni in studio, gli accidenti quotidiani e le scene madri che contrassegnano, con adeguata cura della verosimiglianza di abitazioni, luoghi, abiti e automobili, la parabola epocale dei fratelli Wilson e soprattutto del carismatico leader –che tra l’altro ha approvato il lavoro del regista- spesso indebolito e tormentato eppure sempre motivato da un immenso talento quasi suo malgrado. La colonna sonora, infine, dà a Love and Mercy la spinta giusta per elettrizzare gli spettatori con i pezzi meno conosciuti al pari di quelli di culto, facendogli nel contempo percepire quella sottile e talvolta devastante angoscia dello scontro tra trasgressione e integrazione che serpeggia nell’identikit di ogni rockstar anche se non possiede le physique du role di prammatica.

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