Recensioni

Pubblicato il 11 Novembre 2022 | da Valerio Caprara

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L’Ombra di Caravaggio**/Triangle of Sadness*

Prima il Dante di Avati, poi il Pirandello di Andò, adesso il Caravaggio di Placido (mentre perdura l’eco del Leopardi di Martone e il D’Annunzio di Jodice). Fa piacere che il cinema d’autore si dedichi al recupero delle eccellenze artistiche nazionali, anche se alcuni di questi approcci si fanno prendere la mano dal desiderio di “rieducare” lo spettatore anziché sorprenderlo, avvincerlo e spingerlo al di là dei manuali studiacchiati al liceo. Il noto temperamento caliente di Placido lo porta a pensare in grande, a sfidare le angustie del made in Cinecittà e a lanciarsi anima e corpo in uno show caravaggesco fiammeggiante, delirante e impregnato di maledettismo in parte dedotto dall’autentica biografia del pittore (Scamarcio, motivato ma non del tutto credibile), in parte ammiccante ai moderni cliché antagonisti e antisistema. La struttura di “L’ombra di Caravaggio” si configura come noir storico imbastito sulle confessioni e le rivelazioni dei personaggi interrogati da una sorta d’inquisitore senza nome (Garrel, luciferino per contratto), incaricato dal papa Paolo V d’investigare sull’opportunità di concedere la grazia a Michelangelo Merisi fuggiasco perché condannato alla decapitazione: infatti nel maggio del 1606 a causa di una discussione causata da un fallo nel gioco della pallacorda (promemoria per le anime candide sbalordite dalle odierne violenze suscitate dal tifo) aveva ferito a morte il rivale Ranuccio Tomassoni. Placido fa ribollire le sequenze puntando forte sulle acrobazie delle riprese, la fotografia lussuosa di Michele D’Attanasio, le scene di massa alternate alle vedute di paesaggi e monumenti di Roma e Napoli ispirate alle trasfigurazioni pittoriche dell’epoca. È superfluo aggiungere che l’ambizione della regia è scopertamente quella di entrare in sintonia con le tele del genio lombardo, cercando la connessione fisica, emotiva e romanzesca tra la loro sublime eloquenza, i dialoghi sovreccitati con uso e abuso di turpiloquio e dialetto e lo stile costantemente survoltato con particolare insistenza sui modelli umani miserandi, ulcerati, sconsacrati che gli erano congeniali in odio all’accademia. In tempi di troppi film made in Italy al diminutivo (piccoli, tenui, sfumati, appartati, introversi) i cui incassi ovviamente si adeguano al falso complimento delle qualifiche, il pugnace Placido va apprezzato per avere imboccato una strada diametralmente opposta e se la sfida (a suo modo) viscerale riesce, infastidisce l’accluso messaggio di servizio. Ovvero il realismo nell’arte come qualità di per sé superiore (?) e l’asserto tra l’ingenuo e il propagandistico che soltanto la morte di Caravaggio avrebbe permesso alla Chiesa di disinnescare la tentazione della rivolta che le sue opere seminavano nel popolo.

Perfetto per una Palma d’oro d’intento anticonformista assegnata da giurati che più conformisti non si potrebbero immaginare, “Triangle of Sadness” dopo l’exploit a Cannes sta attirando l’attenzione di cinefili e cineforum a caccia di emozioni iconoclaste. Purtroppo, però, l’apologo firmato da Ostlund scivola senza ammortizzatori nel limbo di una satira vecchia e stantia grazie a cui si rivela al mondo che i ricchi sono cinici e il liberismo è una schifezza. Fin qui ci sono arrivati in tanti e tutti – da Bunuel a Ferreri, da Von Trier a i Monty Pyton- più incisivamente dello svedese già autore di “Forza maggiore” e “The Square”: il problema del suo ultimo film sta nel fatto che mentre lui si diverte moltissimo a posare da antagonista muovendo i personaggi a mo’ di pupazzi da tre palle un soldo, lo spettatore è costretto a ingurgitare sempre più sconcertato a una serie di gag la cui overdose inficia l’allegoria grottesca. Suddiviso in tre parti –il mondo fatuo dell’alta moda e dei modelli scemi, una crociera flagellata da un naufragio apocalittico e la lotta di classe tra i sopravvissuti su un’isola deserta- il film non è perfido come vorrebbe spasmodicamente essere perché, a stringere, si riduce a una sfilata di slogan anti capitalisti e una raffica di tweet anti sessisti. Se poi il divertimento deve consistere nell’umiliare personaggi già indifendibili in partenza e nel richiedere al pubblico una gongolante complicità mostrandogli i più odiosi tra i privilegiati di classe annegare nel loro vomito e la cacca, s’accomodi chi gradisce.

 

L’OMBRA DI CARAVAGGIO

BIOGRAFICO/DRAMMATICO – ITALIA/FRANCIA 2022 

Un film di Michele Placido. Con Riccardo Scamarcio, Isabelle Huppert, Louis Garrel, Micaela Ramazzotti, Vinicio Marchioni

 

 

TRIANGLE OF SADNESS

COMMEDIA GROTTESCA – SVEZIA/FRANCIA/GRAN BRETAGNA 2022 

Un film di Ruben Ostlund. Con Harris Dickinson, Charibi Dean, Dolly de Leon, Zlatko Buric, Woody Harrelson

 

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