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Pubblicato il 15 Giugno 2024 | da Valerio Caprara

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L’arte della gioia

L’arte della gioia Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario:

3.5


La forza trainante di “L’arte della gioia” è l’assenza di una rappresentazione dogmatica del femminile, della Storia e del femminile nella Storia. La vita tormentata della protagonista, infatti, riesce a rifrangere come in un prisma le figure di tante donne diverse, un gioco costante d’inquadrature, punti di osservazione, specchi, sguardi, un armonico involucro di fotografia (Cianchetti), scenografia (Merlini), montaggio (Franchini), musiche (Guðnason) governato con passionale ma funzionale destrezza da Valeria Golino. Certo la prima parte del romanzo postumo di Goliarda Sapienza è stata decisiva nel fornire un background narrativo fluviale e incendiario, ma l’antico e controverso rapporto tra cinema e letteratura riesce in questo caso a trovare il punto giusto di “fedele infedeltà” e la scelta seriale s’adatta bene alla monumentale stratificazione delle vicende: tanto è vero che non infastidiscono le eventuali sensazioni discordanti che potrebbero generarsi tra i due blocchi appena usciti nelle sale e i sei episodi diretti dalla stessa Golino, tranne il quinto diretto da Nicolangelo Gelormini, che andranno in onda a data da destinarsi su Sky. Il merito del mancato o almeno mitigato conflitto tra linguaggi va soprattutto attribuito alle idee forti di messinscena che valorizzano il percorso di formazione di Modesta (Insolia), a partire da quella mirata a fonderlo parossisticamente, quasi fisicamente con i contesti ambientali… Dalla brulla Valle del Bove alle pendici dell’Etna alla Catania aristocratica e monumentale passando per il labirintico monastero ricreato a Bracciano e la sontuosa dimora della principessa Brandiforti (una strepitosa Bruni Tedeschi, la star del cast) assemblaggio di cinque ville diverse tra Bagheria e Frascati, gli elementi più smaccati del feuilleton s’alternano così ai chiaroscuri psicoanalitici, i brutali scorci veristici alle atmosfere mistiche o addirittura sovrannaturali, la persistenza della società arcaica alle premonizioni distopiche (la pandemia della cosiddetta Spagnola come quella del Covid): nata poverissima, Modesta attraversa gli anni a cavallo della Prima guerra mondiale imparando via via a nascondersi, tramare, tramutarsi e infine imporsi per procacciarsi un futuro propizio a dispetto della misera sorte a cui era stata predestinata. Le fanno corona (non senza spine) altri interpreti scolpiti e attraenti come l’ambigua badessa Trinca, l’aitante affittuario Caprino o il tragicomico maggiordomo Franco, però è importante sottolineare che questa “donna che visse un’infinità di volte” (la sequenza della torre con il canocchiale evoca irresistibilmente il clou di “Vertigo” di Hitchcock) non segue sentieri battuti ma -incarnata benissimo dall’Insolia duttile e imprevedibile anche nel gestire il proprio corpo- di volta in volta si fa assassina, arrivista, manipolatrice, assetata di denaro, piacere e potere. Se è giusto tenere conto delle grintose motivazioni della Golino e del suo team di sceneggiatori, è in ogni caso impossibile accettare che la saga sia iscritta d’ufficio nell’ormai esorbitante stuolo dei compitini, santini e volantini del politicamente corretto. Grazie ai sempre più numerosi colpi di scena (la prima parte ci sembra in questo senso più sobria e coesa), in effetti, a risaltare è alla fine il gusto dell’eccesso, la voracità e la sfrontatezza che contraddistingue sia l’anima del romanzo, sia la personalità della Sapienza, a cominciare dai disinibiti risvolti (bi)sessuali che non hanno niente a che vedere con un #MeToo riscaldato bensì trovano assonanze con una letteratura e un cinema tutt’altro che consolatori e trendy. Sul primo versante con l’horror di E. A. Poe, il libro culto di Mario Praz “La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica” e le incursioni di Arbasino sulla Salomé di Oscar Wilde e le segrete morbosità della poesia pascoliana; sul secondo con i classici dell’erotismo conventuale come  “I diavoli” di Russell, “Interno di un convento” di Borowczyk o “Benedetta” di Verhoeven e non ultimi i film più sgargianti e popolari di Lanthimos “La favorita” e “Povere creature!”.

 

L’ARTE DELLA GIOIA

DRAMMATICO- ITALIA 2024

Un film di Valeria Golino. Con: Tecla Insolia, Valeria Bruni Tedeschi, Jasmine Trinca, Guido Caprino, Alma Noce, Lollo Franco

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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