Recensioni

Pubblicato il 8 Dicembre 2020 | da Valerio Caprara

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La regina degli scacchi

La regina degli scacchi Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario:

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Considerando quanti film e serie stanno ottenendo riscontri eccezionali e cosa ci attende nei prossimi mesi di sale chiuse e confinamenti casalinghi, il bonus governativo da pretendere sarebbe il rimborso degli abbonamenti alle pay tv (persino la sfida delle feste quest’anno si svolgerà sulle piattaforme streaming). Sta di fatto che Netflix, al di là del nostro paradosso, nei prossimi tre anni investirà in produzioni italiane duecento milioni di euro e un milione e duecento in quelle di tutta Europa. Guardando ai numeri sarebbe dunque imperdonabile trascurare il titolo della società californiana che sta furoreggiando in testa alla classifica dell’audience: “La regina degli scacchi”, miniserie creata da Scott Frank e Allan Scott a partire dal romanzo di Walter Tevis (1928-1984) The Queen’s Gambit (il “gambetto di donna” che designa una delle più note aperture del gioco) regala, in effetti, al pubblico un’esperienza così perfetta da farci essere sicuri che da un momento all’altro sarà impallinata dal solito esperto afflitto da paturnie. Magari perché è facile accorgersi senza il suo intervento di come l’essenza del cinema cosiddetto d’intrattenimento raramente si sia condensata in un racconto altrettanto armonioso, solido e avvincente, un mix raffinato che mette gli scacchi al servizio del loro innato superpotere metaforico: come nei classici di analogo argomento capeggiati dal “Settimo sigillo” di Bergman, del resto, anche nel percorso di formazione dell’orfana protagonista sempre in lotta con i propri handicap anagrafici e sociali, i demoni interiori generati dall’alcolismo e la dipendenza dagli psicofarmaci e le barriere di una comunità iniziatica inaccessibile alle donne, le mosse sulla scacchiera richiedono che Beth Harmon impari a dominare schemi e strategie, coltivare una visione del mondo e dare sfogo a tutta l’aggressività necessaria per battere non l’avversario, bensì il “nemico” che di volta in volta avrà di fronte. Attraverso le espressioni, le posture del corpo, gli sguardi della protagonista Taylor-Joy, la sua capacità di dimostrare età diverse da quella che aveva realmente durante le riprese e il suo modo di estraniarsi dal prossimo e isolarsi nel contesto vengono, in effetti, riattivati i congegni dei generi filmici più amati e duraturi, dalle parabole sportive al western, dal filone delle ribellioni giovanili alla fantascienza (Beth in fondo è un’aliena e non è un caso che Tevis sia anche l’autore del bestseller L’uomo che cadde sulla Terra), dai biopic dei geni tormentati a un cinema erotico che sostituisce le pratiche del sesso con quelle del gioco più adrenalinico e imprevedibile del mondo.

Alla fine lo spettatore che non ha mai frequentato le 64 caselle, affrontato le infinite disposizioni possibili tra i pezzi in campo né assistito a un solo torneo non saprà se a farlo diventare adepto del gioco, dei suoi riti silenziosi, della sua violenza a stento mitigata dal rigore inaggirabile dei regolamenti siano stati la prova della magnetica Taylor-Joy (doppiata benissimo in italiano da Veronica Benassi) e del resto del cast, lo stile accurato e fantasioso con cui sono girate le partite che la faranno diventare una star in grado di battersi contro i glaciali e invincibili campioni sovietici sotto tutela del Kgb, la scansione degli abiti via via indossati con il massimo glamour (molti capi sono stati creati dalla costumista Gabriele Binder ispirandosi a stilisti come Courrèges e modelle come Jean Seberg ed Edie Sedgwick), le musiche di Carlos Rafael Rivera e la fotografia di Steven Meizler accordate sulle situazioni in sincronia con gli stati d’animo oppure, semplicemente, il nucleo drammaturgico del romanzo. Il quale, tenendo presente che la Harmon è un personaggio fittizio -ancorché il regista gli abbia cucito addosso il genio scacchistico di maestri come Fisher, Spassky e Karpov- è concentrato sull’utopia egualitaria dell’antieroina votata a riscattarsi dagli svantaggi accumulati in partenza e determinata a crescere, oltre che nel benessere e la gloria, nell’autostima distillata goccia a goccia ogni volta che i suoi pedoni, cavalli, alfieri e monarchi infliggono clamorose disfatte agli avversari maschi.

 

LA REGINA DEGLI SCACCHI

DRAMMATICO – USA 2020  

Regia di Scott Frank. Con Anya Taylor-Joy, Bill Camp, Marielle Heller, Harry Melling, Thomas Brodie-Sangster  

  

 

 

 

 

 

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