Pubblicato il 17 Marzo 2019 | da Valerio Caprara
0La promessa dell’alba
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Scrittore francese d’origine lituana prolifico e popolare tra il dopoguerra e gli anni Settanta, Romain Gary (1914-1980) è stato messo nel dimenticatoio ancora prima della sua dipartita: tra le sue presunte colpe c’è anche il fatto che le numerose trasposizioni cinematografiche dei suoi romanzi non si sono trasformate in titoli di culto (meglio, in ogni caso, “Chiaro di donna” e “Cane bianco” di “Gli uccelli vanno a morire in Perù” diretto in proprio). “La promessa dell’alba” prova a invertire la tendenza trentanove anni dopo la prima versione diretta da Jules Dassin e interpretata da Melina Mercouri, ma l’impressione del polpettone di lusso sembra ancora destinata a gravare sul ricco e appassionante materiale autobiografico confluito nel bestseller del 1960. Il regista Barbier s’inerpica con indubbia buona volontà e un faraonico budget per due ore e undici minuti sui tortuosi tornanti della storia dell’amore strenuo, ossessivo, ombelicale nutrito da Nina, la madre di Gary per suo figlio. Dall’infanzia in Polonia all’adolescenza in Costa Azzurra, dalle nebbie inglesi alla Legion d’onore guadagnata con le gesta eroiche compiute nel corso della seconda guerra mondiale come pilota dell’aviazione della “France libre” gollista,dalla carica di console generale ricoperta a Los Angeles negli anni Cinquanta alla duplice vittoria del Premio Goncourt, il dannunziano tombeur de femmes che visse un’infinità di volte non fa che rievocare come abbia inseguito un’unica stella cometa, quella di una genitrice single, eccentrica, indomabile, disposta a qualsiasi sacrificio affinché i suoi sogni si materializzassero, come in effetti è successo, in un’autentica Inimitabile Vita
Trasportato dall’ininterrotto flusso degli eventi che mutano di continuo il tono, lo stile, il climax, il film cannibalizza l’intera gamma delle possibili reazioni degli spettatori passando dall’enfasi melodrammatica agli inserti brillanti, dall’affresco storico alle sardoniche parentesi private senza, peraltro, trovare un punto di sintesi davvero incisivo e tormentato, bensì limitandosi a rimodulare con insistenza i classici ritmi della buona fiction televisiva a tendenza vintage. In questo senso imbarazza non poco lo show della Gainsbourg che –a poco a poco stravisata dal trucco e parrucco- della madre fornisce un’interpretazione spesso ai limiti del caricaturale; mentre, da parte sua, il protagonista maschile Niney esibisce toni troppo sommessi e mesti per ergersi a interlocutore delle incontrollate furie della partner. Va bene che i cinéfili ripetono spesso il compiaciuto motto che esalta il cinema quando si fa “bigger than life”, più grande della vita, però in questo caso lo schermo di una sala non ce la fa a contenere le immagini in movimento e sembra che il film abbia a tratti dovuto ricorrere all’effetto Museo delle cere Grévin.
LA PROMESSA DELL’ALBA
MELODRAMMA/AVVENTURA, FRANCIA/BELGIO 2017
Regia di Eric Barbier. Con: Charlotte Gainsbourg, Pierre Niney, Didier Bourdon, Jean-Pierre Darroussin