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Pubblicato il 31 Dicembre 2016 | da Valerio Caprara

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In morte di Debbie Reynolds

Imitation of Life, “Lo specchio della vita”. Nell’età d’oro del melodramma americano già c’era la chiave per esserne convinti, ma certo la morte di Debbie Reynolds a poco più di 24 ore di distanza da quella della figlia Carrie Fisher rappresenta una conferma del perché secondo noi proseliti è la vita che imita il cinema. “Voglio solo stare con Carrie” sono state le ultime parole dell’ottantaquattrenne ex star, ricoverata ieri d’urgenza e poi stroncata da un ictus mentre si trovava nella casa del figlio Todd a Beverly Hills proprio per organizzare il funerale dell’ex principessa Leila di “Star Wars”, deceduta appena sessantenne a Los Angeles il giorno precedente. Abbiamo assistito, così, al perfetto the end di una trama che sembra estratta dai capidopera del genere, una di quelle miscele d’amore e odio, talento e sregolatezza, successo e disfatta scolpite sulla pellicola da sublimi artigiani come Sirk o Minnelli: i rapporti di madre e figlia nel contesto di una delle famiglie più complicate della cosiddetta Hollywood Babilonia, a suo tempo svelati dall’autobiografia dal titolo inequivocabile della seconda (“Cartoline dall’inferno”), tramandano, infatti, una serie di colpi di scena pubblici e privati, psicanalitici e professionali che non potevano che sfociare nell’ultimo e più clamoroso.

In principio c’è, dunque, Mary Frances Reynolds, nata in Texas a El Paso il 1 aprile del 1932, che vince il titolo di Miss Burbank, la città californiana in cui vive e viene scritturata nel ‘48 dalla Warner Bros che la fa subito esordire sullo schermo in “Vorrei sposare”. Simpatica, graziosa, vivace e dotata di una buona voce non ci mette molto a incarnare lo charme acqua e sapone di una delle tipiche “fidanzatine” dello schermo allora di voga, emergendo in particolare in “Tre piccole parole” di Thorpe al fianco di Fred Astaire dove s’esibisce nell’hit “I Wanna Be Loved by You” che sarà un cavallo di battaglia di Marilyn Monroe. La svolta decisiva avviene, però, quando passa alla MGM che temerariamente la sceglie come partner di Gene Kelly nel cult-movie del ’52 “Cantando sotto la pioggia”: nella parte della giovane carina e perbene che smaschera senza volerlo la ridicola inadeguatezza della rivale raccomandata e stonata –inutile sottolineare come la sequenza di canto e ballo sotto la pioggia e tra le pozzanghere e i lampioni rimanga sino ai giorni nostri una delle più conosciute e amate nel mondo- Debbie è già diventata testimonial di quell’ineffabile glamour che rende imbattibile il musical targato MGM. Se c’è qualcuno che (magari a ragione) ritiene che l’apogeo del cinema-cinema va situato tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, sicuramente pensa anche alle decine di titoli in cui l’attrice rafforza la propria immagine (in Italia grazie anche alle meravigliose performance delle doppiatrici Savagnone, Betti o Di Meo) sia assecondando, sia variando, sia rovesciando le caratteristiche che la rendono popolare: ingenua e maliziosa, brillante e autoironica, drammatica e ricca di sfumature in titoli diseguali eppure sempre dotati di una luce, una fluidità, un nerbo mitografici irriproducibili che spaziano da “Tre ragazzi a Broadway” a “Il fidanzato di tutte”, “Pranzo di nozze”, “Tammy fiore selvaggio” (in cui canta la languida canzone omonima che nel ’57 svettò nelle classifiche Usa per 23 settimane consecutive), “La tentazione del signor Smith”, “Cominciò con un bacio”, “Ragazzi dio provincia”, “La conquista del West”, “Voglio essere amata in un letto d’ottone” (per il quale ottiene la nomination all’Oscar), “Ciao Charlie” e la riuscita incursione sexy-thriller “I raptus segreti di Helen”.

La linearità della carriera s’impiglia, come abbiamo premesso, nelle trappole del gossip: sposata per quattro anni con il padre di Carrie, l’attore Eddie Fisher, interpreta il ruolo meno gradito, quella della vittima incolpevole di un memorabile scandalo. Nel ’58, infatti, i migliori amici della coppia sono il produttore Mike Todd e la moglie Liz Taylor: quando, però, il primo muore in un incidente aereo Debbie ed Eddie sono i più premurosi e assidui nei confronti della vedova. La vicinanza trasforma inevitabilmente Fisher e la Taylor prima in amanti e dopo il divorzio del primo in marito e moglie: un trauma che pesa terribilmente sulla psiche di Carrie che, già affetta da disturbi bipolari, inizia ad avere ricorrenti problemi di dipendenza da alcol e droghe. Solo recentemente, nel 2011, madre e figlia hanno accettato di apparire insieme in una puntata dell’Oprah Winfrey Show dai risvolti drammatici, specie quando l’eroina di “Guerre stellari” si spinse a ricordare quando era crollata su un set per un’overdose ed era stata trasferita d’urgenza al Cedar Sinai Hospital. A partire dalla metà dei Settanta è apprezzata a Broadway e nelle serie Tv (dove il top è raggiunto con la madre sciroccata della sit-com “Will & Grace”), ma si ripresenta in forma sul grande schermo in “Tra cielo e terra” di Stone e “In & Out” accanto a Kevin Kline. Il finale tragico, però, resta quello che il copione della vita le aveva assegnato da tempo.

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