Pubblicato il 6 Ottobre 2016 | da Valerio Caprara
0In margine alla legge regionale sul cinema in Campania
La nuova legge regionale sul cinema che, salvo improbabili sorprese, sarà approvata oggi in Consiglio regionale (dopo essere stata licenziata dalla commissione permanente, anche con il sereno e fattivo contributo dell’opposizione) costituisce senz’altro un evento fondamentale per la comunità degli operatori che lavorano in tutte le diramazioni del comparto e segna un indubbio successo del nuovo governo regionale, dell’assessore Matera e del presidente De Luca che si è personalmente e fortemente impegnato a stringere i tempi di un’operazione politico-culturale attesissima e improcrastinabile. In un momento così importante, chi ha vissuto dall’interno e in un posto di massima responsabilità la lunga marcia verso questo cruciale obiettivo non può certo dimenticare il cospicuo rilievo via via conquistato sul campo sia dai preposti funzionari regionali che non hanno mai cercato facili popolarità scegliendo sempre di lavorare sodo e in silenzio, sia l’associazione Clercc che ha mantenuto desta l’opinione pubblica sulla cruciale esigenza al di là di ogni vieta demagogia politica traendo forza e continuità dalle genuine vocazioni delle sue componenti artistiche e cinéfile.
Sarebbe inoltre gravemente ingiusto non sottolineare la particolare soddisfazione della Fondazione Film Commission che –sia pure oggi compendiabile a causa di svariate e sfortunate circostanze in un CdA ridotto, due supercompetenti e infaticabili funzionari come Gemma e Monticelli e non più di due-tre, sia pure eccellenti, consulenti- non ha mai smesso di restare competitiva senza perdere contatto con le altre Film Commission (il cui, talvolta eclatante, protagonismo ormai rappresenta uno dei cardini produttivi del cinema italiano), reagire alle difficoltà più prosaiche o imbarazzanti, fare sistema con i migliori professionisti del settore e accompagnare la gestazione e la nascita di oltre seicento titoli entrati a far parte della storia del cinema e della tv italiane. Non è sinceramente il caso né il momento di rivendicare i meriti delle ipotesi programmatiche che la Film Commission ha in questo senso formulato nel tempo, proprio perché non si è trattato altro che di rispettare la missione fondativa della società; però è estremamente confortante riscontrare come il testo della legge apra ampie possibilità di rendere attuabili alcune tra le nostre, storiche richieste come quelle della pubblicazione del bando per l’erogazione delle risorse alle produzioni operanti a Napoli e in Campania; della creazione d’infrastrutture e centri multifunzionali che rispondano alle esigenze del settore sia sul versante culturale con spazi simili alla Casa del cinema di Roma, sia su quello operativo come accade con i cineporti operanti in Piemonte, Liguria e Puglia; dell’istituzione –finalmente- di una mediateca regionale che gratifichi sia la peculiarità pionieristica della settima arte nella nostra città, sia le tradizioni scientifiche e artistiche allignate un po’ a caso nel medesimo humus; dell’incremento degli incentivi alla formazione delle maestranze –soprattutto giovanili- intenzionate coraggiosamente a restare nel territorio o, infine, dell’attribuzione alla stessa Film Commission dello status di centro di verifica e coordinamento di tutte le offerte specialistiche (festival e rassegne cine e videoteche, scuole di cinema, corsi specialistici e master universitari ecc.) dell’industria creativa. Naturalmente, come si dice, la prova del budino sta nell’assaggiarlo, quanto di buono è stato fissato sulla carta dovrà passare all’impegnativo e duraturo esame delle relative applicazioni pratiche e qualche punto, come per esempio, il numero quattro dell’articolo 15 che ipotizza lo svolgimento dell’esercizio delle funzioni della Film Commission “anche attraverso organismi in house della Regione Campania”, potrebbe essere utilmente chiarito. In ogni caso si tratta di una strada ormai aperta, sulla quale tutti noi ci sentiamo impegnati a procedere senza la solita soma dei velleitarismi protestatari e con l’ottimismo parificato, una volta tanto, sia della ragione che della volontà.