Recensioni

Pubblicato il 26 Ottobre 2016 | da Valerio Caprara

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In guerra per amore

In guerra per amore Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario: Imbranato giovanotto emigrato a New York s'arruola nell'esercito Usa per partecipare allo sbarco alleato del 1943 sulle coste della sua Sicilia e coronare il sogno d'amore contrastato con una bella conterranea.

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Giustamente incoraggiato per il divertente filmetto d’esordio –“La mafia uccide solo d’estate”- Pierfrancesco Diliberto, ribattezzato Pif nella precedente carriera di semiserio inviato tv, affonda con la sua opera seconda realizzata con notevole sprezzo del pericolo e altrettanta presunzione spolverata di finta spigliatezza. Con “In guerra per amore”, in effetti, ha deciso di giocare al rialzo scegliendo come modello d’elezione il cinema di Scola e Comencini, ma poi incappando in una serie di magagne che per fortuna i maestri della commedia all’italiana hanno quasi sempre evitato come la peste. Condizionato dal messaggio che proromperà veemente nel finale, il regista/protagonista adotta tonalità che sbandano tra la rievocazione storica, la favola surreale, il tormentone ridanciano e l’aulica indignazione nei tornanti di una sceneggiatura gravata da più buchi di un gruviera e tenta di cavarsela con l’ausilio della voce narrante dell’alter ego incarnato nei panni di novello Candido made-in-Trinacria. Se, però, l’inconfondibile timbro a trombetta noto e (dicono) caro all’audience si sposa bene con i passaggi da sketch, diventa assai difficile dargli credito quando si arriva a ciò che più di tutto interessa e cioè mettere alla sbarra l’armata degli Alleati che nel 1943 sbarcarono in Sicilia fino a prova contraria per liberare l’Europa dal giogo hitleriano.

La collana dei cliché inizia a New York, dove il maldestro Arturo è innamorato pazzo della sexy Flora e non accetta che lo zio, anch’esso emigrato siculo, decida un brutto giorno di darla in sposa al figlio di un boss. In America, si sa, è tutto uno sporco business e al poverocristo non resta che arruolarsi nell’esercito a stelle e strisce per partecipare alla campagna d’Italia e sabotare le nozze ottenendo ufficialmente dal padre rimasto nell’isola la mano dell’amata. Non si contano a questo punto i siparietti che, a margine dell’accresciuta e imbarazzante imbranataggine del protagonista, sciorinano i bislacchi tic e i contorti comportamenti che caratterizzano la popolazione locale con un piglio che vorrebbe essere affettuosamente sarcastico e appare, piuttosto, simile allo spirito delle barzellette regionalistiche e alla consistenza degli eterni motteggi da bar. L’ultima parte di “In guerra per amore” tenta, come premesso, di svoltare bruscamente dal cartolinesco all’impegnato accreditando come un Santo Graal le teorie, non a caso graditissime ai nostalgici sia dell’estrema destra che dell’estrema sinistra, sulla losca comunella tra invasori (sic) Usa e boss mafiosi contestate da un equivalente novero di ricerche divergenti (come quelle di Francesco Renda e Salvatore Lupo). Particolare quest’ultimo che conterebbe tutto sommato poco, se non assomigliasse a una palata di cemento ideologico buttata in extremis su un castello di sabbia farsesco.

IN GUERRA PER AMORE

Regia: Pierfrancesco Diliberto

Con: Pif, Miriam Leone, Andrea Di Stefano, Stella Egitto

Commedia. Italia 2016

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