Pubblicato il 28 Settembre 2024 | da Valerio Caprara
0Il tempo che ci vuole** – Beetlejuice Beetlejuice***
Autobiografico e accorato, “Il tempo che ci vuole” ricostruisce l’intenso e tumultuoso rapporto vissuto col padre Luigi dalla regista Francesca Comencini, una delle quattro figlie che ha seguito le orme paterne dopo avere superato ardue prove di vita. L’atto d’amore messo in scena con garbo elegiaco merita attenzione, anche perché dal punto di vista della confezione il film è di ottimo livello: avvolto dalle traslucide tonalità care al fotografo Bigazzi s’avvale soprattutto di Fabrizio Gifuni e Romana Maggiora Vergano, una coppia di protagonisti assai affiatati nel rappresentare un profondo rapporto che esclude le sorelle e la madre, una sorta di dialogo costante e contrastante nel corso del tempo grazie al quale entrambi assaporeranno sino in fondo il senso dolceamaro della vita. Anche se il cognome Comencini non viene mai fatto, l’autobiografismo pervade il plot dalla prima inquadratura all’ultima concedendosi, peraltro, una marea di citazioni che rimandano al culto, prim’ancora che al primato della settima arte: da “L’Atlantide” a “Paisà” passando per i suggestivi spezzoni del cinema muto e trovando un perno narrativo fondamentale nella rievocazione delle riprese dello sceneggiato televisivo “Le avventure di Pinocchio” che nel 1971 accrebbe la reputazione di Comencini al di là di quella acquisita di caposcuola con Risi e Monicelli (al tempo niente affatto apprezzati dalla critica impegnata) della commedia all’italiana. Con il surplus del tocco di classe di aprire e chiudere il film con due fotogrammi di un film muto del 1916 tratto dal libro “Cuore” di De Amicis che molti anni più tardi lo stesso regista avrebbe trasformato in miniserie tv.
Eppure anche riconoscendo la vibrante sincerità dell’approccio, non si può nascondere l’impressione di stare assistendo a un film un po’ troppo compiaciuto e assolutorio, un percorso d’autocoscienza in cui persino le asprezze, le cadute e le disgrazie risultano levigate in senso celebrativo… “Prima la vita e poi il cinema” raccomanda Luigi alla figlia e tuttavia quest’ultima cresce ricevendo continue lezioncine in modalità, appunto, così paternalistiche da fare svanire gran parte dell’emozione che dovrebbe sprigionarsene: anche quando la poverina, dopo avere rasentato il baratro della sciagurata simpatia per le imprese terroristiche e l’esperienza devastante della droga, riesce a trovare la salvezza e scoprire la vocazione di regista (ovviamente coronata da immediato successo) è sempre il padre a inocularle la propria ingombrante personalità.
C’era senz’altro un po’ di diffidenza. Perché Tim Burton ha deciso di varare una buona volta “Beetlejuice Beetlejuice” con l’approvazione di Michael Keaton e Winona Ryder ossia il seguito del suo secondo film scritto da oltre trent’anni, rivisto più volte e già iniziato una decina di anni fa? Anche se ha continuato ad ampliare il suo fan club generazione dopo generazione (lo dimostra il successo di “Wednesday” su Netflix) avevamo l’impressione che il geniale regista di “Batman” e “Mars Attack!” fosse ormai appassito. E invece no: non vogliamo sostenere che la nuova sortita sia un capolavoro, però lo riscopriamo scanzonato, divertito e rilassato in mezzo ai suoi mostri bislacchi e ad alcuni dei suoi attori preferiti. L’importante, a conti fatti, è che sia tornato a scuotere lo shaker burtoniano ricolmo di creature folli, gag dolcemente morbose e ossessioni d’autore fuori standard come l’espressionismo, il cinema di serie B e l’omaggio al nostro Mario Bava: l’inciampo di una certa ripetitività creativa (l’interscambio ineludibile tra la vita e la morte, anzi tra i vivi e i morti) certo si ripresenta, però mitigato da una brillantezza di ritmo che non si riscontrava da tempo. Nuova aggiunta al caravanserraglio, Monica Bellucci viene fatta a pezzi, poi le sue avvenenti membra si ricompongono sulle note di “Tragedy” dei Bee Gees e vengono infine ricucite in maniera sommaria sino a trasformarsi in un feticcio frankensteiniano di cui Burton naturalmente si fa beffe. È chiaro, insomma, che tutto il prosieguo si concentrerà letteralmente sul “rimettere insieme i cocci” anche per potere immergersi con rinnovato spirito scaramantico nel mondo dell’odierno armamentario virtuale con i suoi smartphone e le sue piattaforme streaming.
IL TEMPO CHE CI VUOLE
DRAMMATICO/BIOGRAFICO – ITALIA 2024
Un film di Francesca Comencini. Con: Fabrizio Gifuni, Romana Maggiora Vergano, Anna Mangiocavallo, Luca Donini, Daniele Monterosi, Lallo Circosta
BEETLEJUICE BEETLEJUICE
HORROR/FANTASY – USA 2024
Un film di Tim Burton. Con: Michael Keaton, Winona Ryder, Catherine O’Hara, Jenna Ortega, Monica Bellucci, Willem Dafoe