Pubblicato il 23 Aprile 2023 | da Valerio Caprara
0Il sol dell’avvenire
Sommario: L'alter ego del regista Moretti gira un film mentre ne scrive un altro e ne sogna un terzo. Stalin era un mascalzone, ma l'ideale comunista resta radioso, il cinema dei giovani colleghi è violento e degradante, la moglie non lo sopporta più per il noto repertorio delle fisime. Canta che ti passa e balla insieme agli attori fedelissimi.
1.5
Dopo un paio di giocate negative, con Il sol dell’avvenire Moretti torna a posare le carte che ritiene imbattibili: se si tratta di un bluff o meno lo scopriranno gli spettatori, certamente non i trombonisti. Sono in effetti esentati dalla mano i collezionisti di cine-reliquie (qui la Vespa è sostituita dal monopattino elettrico e la Sachertorte dai gelati), molti critici italiani e tutti i festival francesi (époustouflant! extraordinaire! prodigieux!), gli ex girotondini col codino brizzolato, gli iscritti ai cineforum impegnati, gli spregiatori delle piattaforme tv a pagamento, i masochisti felici di ricevere lezioncine di bon ton etico-politico, in una parola i tifosi con cui, si sa, non si ragiona. Peraltro in questo caso il paradosso è che Lui è già un ultrà di sé stesso.
L’”8 e mezzo” di ogni regista che si rispetti non basta più, qui Moretti dirige un film su Moretti alle prese con tre film di Moretti: uno, in lavorazione, sui contraccolpi in una sezione romana del Pci del 1956 del massacro sovietico dell’insurrezione anticomunista di Budapest; uno, ancora da scrivere, ispirato a “Il nuotatore” del maestro della short story John Cheever; uno, solo sognato, su una lunga storia d’amore zeppa di “belle canzoni italiane” (come se qui non ce ne fossero abbastanza). Il protagonista uno e trino è momentaneamente in ambasce però sempre granitico nel sentenziare che “le scene brutte non servono a niente” (dando per scontato che le sue non lo sono mai state né lo saranno in eterno). Le amate idiosincrasie si tirano una con l’altra come le ciliegie: Stalin no, non andava bene, ma se Trotskij fosse sopravvissuto alle picconate del sicario le bandiere rosse (beata ingenuità) non si sarebbero mai ammainate; il circo ungherese invitato dal caporedattore dell’Unità e segretario della sezione del partito Silvio Orlando si chiama Budavari (cfr. “marca Budavari, marca Budavari” urlato ai suoi pallanuotisti dall’allenatore Silvio Orlando in “Palombella rossa”); mai indossare i sabot e non dimenticare la crema per il viso, generoso omaggio femminista; se ci si reca dai dirigenti Netflix è fatale subire sgradite richieste da sgradevoli executive (“una trama che non si sgonfi, che non faccia pluf”: onestamente non sembra il massimo dell’ignominia). Certo alcune battute fanno ridere e alcune situazioni ispirano tenerezza, ma almeno in un caso l’antica ira funesta torna a eruttare incontenibilmente: mentre nel primo capitolo del suo film migliore, Caro diario, giudicava orribile il noir Henry, pioggia di sangue (anno domini Nanni 1990) e ancora di più le relative recensioni encomiastiche, qui irrompe sul set di un giovane collega e blocca la scena di un omicidio alla Gomorra, ma non s’accontenta di fare una scenata sulla violenza che travia le platee (argomento, non fateglielo sapere, molto sentito anche dalla destra) bensì convoca sullo schermo per farsi dare ragione niente di meno che Renzo Piano, Corrado Augias e Chiara Valerio (manca solo Fabio Fazio). A un certo punto la moglie/produttrice Buy -ovvero la più brava con la Bobulova del teatrino autocitazionistico- apre uno spiraglio su qualche difetto ascrivibile al suo ego un po’ incupito ma sempre esteso come le montagne dell’Himalaya: “ci dovremmo lasciare, sei troppo faticoso”. Meno male che è previsto il riutilizzo dell’amabile rimedio di cantare mentre si viaggia in macchina (canta che ti passa) o danzare insieme alla troupe come nei musical vecchi tempi. Si finisce con qualche palleggio in solitaria (ma erano più strazianti quelli di Verdone nel finale di Viaggi di nozze) e la sfilata circense ai Fori Imperiali (persino la musica rifà il verso a Fellini) in cui sgambetta felice qualche attore habitué del Nanniverso in modo che i suddetti tifosi facciano a gara a chi ne riconosce di più. Anche Lui è in corteo e fa ciao ciao guardando in macchina con un magnanimo sorriso. Eppure poco prima aveva detto: “non ci penso al pubblico, mi piace dire che non ci penso”.
IL SOL DELL’AVVENIRE
COMMEDIA – ITALIA 2023
Un film di Nanni Moretti. Con Nanni Moretti, Margherita Buy, Silvio Orlando, Mathieu Amalric, Barbora Bobulova, Giuseppe Scoditti