Recensioni

Pubblicato il 13 Luglio 2020 | da Valerio Caprara

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Homemade

Non c’è dubbio che la piattaforma streaming Netflix meriti la gratitudine degli appassionati e i semplici fruitori di fiction per l’impressionante crescita dell’offerta e la qualità indiscutibile di numerosi titoli autoprodotti. Il suo gigantismo, però –ora possiamo dirlo perché le iniziali censure attuate da festival e registi sedicenti “puristi” appaiono ormai lontane, se non patetiche- comporta il pericolo di renderla onnivora ed ecumenica nonché tendente ad assumere il ruolo compiaciuto e conformista dei grandi canali generalisti. La serie “Homemade”, in particolare, nata dall’intesa tra il produttore italiano attualmente più alacre Lorenzo Mieli e il regista cileno Pablo Larraìn e visibile dal 30 giugno sul canale, è nata da un’idea iper ambiziosa e assai forzata, quella di commissionare a 17 registi altrettanti corti sul tema della quarantena che come tutti noi hanno vissuto per quasi tre mesi chiusi nelle loro case. Il risultato appare inevitabilmente assai variegato sia a causa del diverso calibro dei cineasti chiamati in causa, sia dei livelli di concentrazione e creatività raggiunti dai singoli nel compilare, per così dire, senza impegno una sorta di compitino a tema libero con i limitati mezzi di ripresa che potevano ritrovarsi in casa. Non era forse difficile prevedere che molti corti raccontassero la stessa e poco interessante quotidianità del proprio lockdown, cavandosela con pochi minuti (i filmati più lunghi toccano i 10 minuti, il più breve addirittura 4) volentieri inclini a riprendere familiari, animali domestici, amici, ambienti casalinghi con piglio talvolta amatoriale. Compresi la spudorata performance di Jonny Ma che osa esercitarsi su “La ricetta dei ravioli di mamma” o le metafore di “Algoritmo” di Lelio, il cileno stancamente ipnotizzato dalle velleitarie liturgie rivoluzionarie.

Nel pot-pourri di riflessioni spesso liricizzanti spiccano, ovviamente, i guizzi sorprendenti nella commedia, nel musical e persino nell’horror. Sorrentino, per esempio, si divincola da par suo dalla minaccia di dovere sfornare un “messaggio” allestendo un bislacco teatrino tra le statuette presepiali del pontefice Francesco e la regina Elisabetta con quest’ultima, bloccata dalla pandemia nel corso di una visita in Italia, costretta a convivere per un mese col padrone di casa nelle stanze del Vaticano. “Io e te siamo solo dei simboli, per questo non sappiamo fare niente”: ne segue un divertissement spiritoso, effimero e ammiccante, fitto com’è di spunti innescati da tutto quello che gli è frullato per la testa ammazzando il tempo nel suo bell’appartamento romano  di piazza Vittorio Emanuele. Sorvolando sui corti non beneficiati da uno straccio d’idea o, peggio ancora, contorti e/o pretestuosi, si potranno apprezzare quelli basati su premesse chiare e semplici, ma almeno rilevatori della capacità di cogliere i riflessi allucinati, intimi o conturbanti dell’auto reclusione. Tra cui senz’altro il “senza titolo” di Ladj Ly, il regista di “I miserabili”, che si collega al forte film d’esordio pedinando un ragazzo chiuso in casa in uno dei palazzoni del ghetto parigino di Montfermeil intento a esplorare gli ulteriori guai causati dal virus con l’ausilio del suo drone. Intelligente e finalmente un po’ avvincente anche “Last Call” di Larraìn, in cui un anziano uomo chiuso in una casa di riposo telefona via Skype alla ex amante per dichiararle un’ultima volta e senza remore il suo desiderio e il suo amore. Nella casualità dell’assemblaggio succede, infine, che l’ultimo tassello sia per noi anche quello più riuscito: in “Pedala e passerà”, infatti, Ana Lily Amirpour si filma nelle vesti di ciclista che pedala per le strade deserte di Los Angeles. Anche grazie alla voce narrante della Blanchett sembra d’essere immersi in un’atmosfera angosciante da classico della fantascienza apocalittica in cui la megalopoli per antonomasia è ridotta a monumento funebre dell’arroganza umana… Peccato che sembri quasi un reportage girato qualche settimana fa. 

 

Homemade – Storie nate in quarantena, compilation di 17 cortometraggi ideati e realizzati durante la quarantena per COVID-19 da registi di fama internazionale, disponibile su Netflix      

Registi: Kristen Stewart, Paolo Sorrentino, Nadine Labaki, Ladj Ly etc

Produttore: Pablo Larraín

        

        

 

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