I Fantastici 4: gli inizi
Sommario: L'iconica pattuglia dei Fantastici 4 ha sostituito le battaglie per la salvezza del pianeta con le prosaiche preoccupazioni domestiche. Tuttavia i gagliardi supereroi saranno costretti a tornare in servizio per affrontare l’ingordo gigante Galactus.
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Tutti i blockbuster di quest’estate stanno subendo una crisi di popolarità collegata a una persistente crisi di creatività. Prima s’è registrata, infatti, la delusione dei fan nei confronti degli stropicciati dinosauri di “Jurassic World”, poi s’è guadagnato equivoci consensi il nuovo “Superman” sottoposto al letto di Procuste dell’ideologia woke e adesso tocca a “I Fantastici 4: gli inizi” nel cui prologo l’iconico quartetto ha sostituito le battaglie per la salvezza del pianeta con le egoistiche (pre)occupazioni domestiche. Dietro tali aggiornamenti si può intuire un curioso gioco di riposizionamenti tra le due grandi scuderie di supereroi: la DC Comics, a lungo ingessata nella propria solennità narrativa, cerca di procurarsi un’energia solare e schietta ai limiti del buffonesco, mentre la Marvel sembra intenta a mettere in stand by le sfrenate scorribande cosmiche in favore di prosaiche problematiche da sitcom tv. Non a caso il film di Shakman si apre nella tutt’altro che fantastica ambientazione di una cucina e un bagno in formica vintage: mentre Mr. Fantastic (Pascal) sta cercando invano le medicine nei traslucidi armadietti, sua moglie Donna Invisibile (Kirby) le trova annunciandogli con nonchalance che il suo test di gravidanza è positivo. Dunque i parametri dell’avventura retrofuturistica sono chiari sin dall’inizio: per dotarla di maggiore umanità, la famigliola dal DNA alterato (il cui co-creatore Jack Kirby è citato meritoriamente nei titoli di coda) è stata trasferita nella New York anni Sessanta caratterizzata dalle piacevoli atmosfere di una giovanile e fiduciosa America kennediana. Ne consegue che i nostri gagliardi transumani (partecipano anche Johnny alias “la Torcia” e Ben alias “la Cosa”) sembrano meno oberati dai classici affanni dell’universo Marvel –poteri così smisurati comportano responsabilità equivalenti – che dall’obbligo promozionale di ostentare le rispettive dotazioni (elasticità, invisibilità ecc.) prima d’essere messi nuovamente alla prova dall’ingordo gigante Galactus. Il tutto produce un kolossal rigonfio e intorpidito da cui emerge la tentazione della Marvel di accontentarsi del minimo, di una messinscena che lesina le sequenze spettacolari, s’accontenta di qualche buona battuta e s’avvia al deposito delle opere più inoffensive dello studio. PS sul pargolo spaziale: appena nato e già inghiottito dagli effetti speciali, sballottato tra fiamme che non bruciano, metalli che non pesano e pericoli senza vera posta in gioco campeggia spesso in primo piano a mo’ di bambolotto digitale facendo capire suo malgrado perché stavolta lo show supereroistico ci faccia palpitare così poco.