“Elvira 150”
Inizia lunedì 10 febbraio al Modernissimo (ore 20,30) e durerà sino al 30 aprile la rassegna “Elvira 150”, ideata e curata dall’instancabile e autorevole operatrice culturale e produttrice Antonella Di Nocera in collaborazione con Simona Frasca per l’ideazione degli eventi e Anna Masecchia e Gina Annunziata per la giornata di studi. L’apertura del programma fitto di proiezioni con musica dal vivo, incontri e mostre avrà il suo clou nella visione della copia restaurata e digitalizzata dalla Cineteca Nazionale di “È piccerella”, uno dei tre lungometraggi muti diretti, appunto, da Elvira Notari (1875-1946), la prima donna regista del cinema italiano a cui l’iniziativa promossa e finanziata dal Comune di Napoli è dedicata per celebrarne i 150 anni dalla nascita. Nell’occasione non solo è prevista la presenza del sindaco Manfredi e di artisti, studiosi e personalità del cinema italiano, ma è importante, come ha auspicato la Di Nocera, che si rinnovi “quello spirito precursore, audace, coraggioso… un mondo di connessioni, incontri, opere, che di recente si è come risvegliato per collocarla come merita nella storia del cinema italiano e mondiale”. In effetti di Maria Elvira Coda coniugata Notari, cineasta imprenditrice capace di distribuire con enorme successo i melodrammi della Dora Film tra i connazionali emigrati oltreoceano, oggi ci restano meno di duecento minuti in totale tra i succitati lungometraggi, due brevi documentari e qualche frammento, eppure la sua vita, le sue doti e il suo ruolo di precorritrice non smettono di appassionare come di mostra il moltiplicarsi di omaggi negli ultimi tempi: romanzi, saggi, rassegne, restauri e l’atteso “Elvira Notari, oltre il silenzio” di Valerio Ciriaci (prodotto da Parallelo 41 produzioni, Awen Films e Cinecittà) con Teresa Saponangelo nei panni di Elvira nel progetto fotografico di Cristina Vatielli inserito nel documentario attualmente in lavorazione.
Nata a Salerno e trasferitasi per lavorare come modista a Napoli, incontra il fotografo Nicola Notari e lo sposa nel 1902 dando vita a una simbiosi affettiva e lavorativa che contrassegnerà per sempre l’evoluzione della nuova arte di massa: la Dora Film diviene una delle più audaci e inventive case di produzione italiane a cui si deve la creazione insieme veristica e bozzettistica di storie e personaggi tipici napoletani. Alla stessa impresa familiare appartiene anche una delle prime Scuole d’arte cinematografica in cui s’insegna una recitazione consona al gusto naif contemporaneo, però in qualche modo attenta anche alla rudimentale dimensione psicologica sottesa a fatti e fattacci. Scorrendo la filmografia della Dora Film, parzialmente stilata per la prima volta dalla storica del cinema muto Maria Adriana Prolo, emergono dall’oblio del passato un numero impressionante di titoli datati dal 1906 al 1929 che entusiasmarono e commossero gli spettatori dell’epoca come “Guerra italo-turca tra scugnizzi napoletani”, “L’eroismo di un aviatore a Tripoli”, “Gloria ai Caduti!”, “Il nano rosso” tratto significativamente dal romanzo di Carolina Invernizio, “Il barcaiuolo d’Amalfi”, “Medea di Portamedina” nonché, sia pure sul viale del tramonto indotto dalle mutate condizioni sociali e l’ostilità del regime fascista nei confronti dei prodotti dialettali, mitici hit come “È Piccerella”, “’A Santanotte” con la diva Rosé Angione, l’estremo melò “Così piange Pierrot”, “Napoli terra d’amore (Duie paravise)” o “Napoli sirena della canzone”. Durante la guerra la famiglia si rifugia a Cava dei Tirreni dove Nicola ed Elvira moriranno a distanza di pochi mesi. Il tributo non era mai stato realizzato con simile completezza, però funzionerà ancora meglio se contribuisse a ridare valore e visibilità a coloro che illuminarono sull’argomento un’intera generazione di studiosi e cinefili. Primo fra tutti il concittadino regista, scrittore e sceneggiatore Mario Franco che non solo allestì nell’ambito del Festival di “L’Unità” del settembre 1976 uno straordinario calendario di proiezioni di film dei Notari, Rotondo, Gustavo Lombardo a altri pionieri napoletani del muto, ma editò insieme a Gino Frezza, Rosaria Mastropaolo, Achille Pisanti e Rosario Rinaldo un quaderno documentale destinato a diventare introvabile e leggendario. Per di più la nostra città può vantare numerose pubblicazioni che hanno recuperato e riproposto materiali nello stesso rigoroso senso filologico rivendicato dagli organizzatori di “Elvira 150” a partire dagli esaustivi Napoli, una città nel cinema a cura di Chiara Masiello e Adriana Muti edito dalla Biblioteca Universitaria di Napoli e aggiornato nel 2009 per i tipi della Libreria Dante & Descartes e Il mare, la luna, i coltelli di Stefano Masi e lo stesso Franco copyright 1988 di Tullio Pironti Editore. È incontestabile la dichiarazione del sindaco secondo cui la Notari “ha portato nei suoi lavori un pezzo della nostra città, lo sguardo di un’epoca… e non possiamo che essere fieri e commossi di portare al grande pubblico la sua eredità artistica”. Nessuno intende mitigare questa e altre affermazioni che costituiscono il background delle celebrazioni, ma è opportuno lasciare spazio anche alle analisi svincolate dall’obbligo della “correttezza culturale” alla moda capace di attribuire fumose connotazioni protofemministe alla pionieristica artigiana. Per esempio non facendo sconti al rudimentale impasto di verismo e convenzione di quei film attinto più ancora che dalla strada, dal repertorio del varietà e del teatro dozzinali oppure non scindendo opportunisticamente la figura di Elvira da quella del marito Nicola e del figlio Eduardo, il Gennariello immortalato nei ruoli drammatici, teneri o sentimentali assegnatigli dalla factory. Vietato nascondere, insomma, che Eduardo con l’espressione “i nostri film” insisteva in ogni intervista sul carattere collettivo della “manifattura Dora” gestita dal padre e la madre.