Recensioni

Pubblicato il 19 Ottobre 2023 | da Valerio Caprara

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Dogman

Dogman Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario: Costretto da un padre folle e un fratello feroce a sopravvivere in gabbia insieme ai cani, Douglas sempre per colpa dall’indegno genitore si becca anche una pallottola nella spina dorsale che lo relegherà su una sedia a rotelle per sempre. Diventato un adulto pazzoide e furioso, non c'è bisogno di spiegare allo spettatore il perché del morboso legame legame con i quadrupedi che lo accompagnano dovunque, lo aiutano e quando necessario lo proteggono…

1.5


“Dovunque c’è un povero, Dio manda un cane”. È con questa pomposa citazione di Lamartine che Luc Besson inizia “Dogman”, il suo ultimo film con cui ha cercato di risanare la propria immagine deteriorata (secondo alcuni) dalle precarie accuse di stupro in Francia e Belgio e (secondo noi) da troppi brutti film e altrettanti flop al botteghino. Nella sempre più flebile speranza di tornare ai fasti di cult movie come “Nikita” e “Léon”, il regista, sceneggiatore e produttore d’oltralpe ha voluto di sicuro inseguire gli exploit di  “Joker” ispirandosi all’orribile vicenda di cronaca di una famiglia che segregò il figlioletto cinquenne: costretto da un padre folle e un fratello feroce a sopravvivere in gabbia insieme ai cani, Douglas (Landry Jones) sempre per colpa dall’indegno genitore si becca anche una pallottola nella spina dorsale che lo relegherà su una sedia a rotelle per sempre. Diventato adulto pazzoide e furioso, non ci sarà più, ahinoi, bisogno di svolte narrative o metafore supplementari per giustificare al pubblico il legame con i quadrupedi che lo accompagnano dovunque, lo aiutano e quando necessario lo proteggono… Non ci sogniamo, a questo punto, d’esibirci in facili ironie garantendo che proprio i cani appartenenti alle razze e alle stazze più diverse sono utilizzati con consumata abilità e reggono il ruolo di coprotagonisti del film senza trasformarsi in parodie disneyane.

Il vantaggio e lo svantaggio di “Dogman” stanno nel fatto che il film difficilmente lascia indifferenti e noi, a dirla tutta e sincera, sin dalle prime inquadrature lo abbiamo detestato: un figuro travestito da Marilyn Monroe, con lo sguardo smunto, una parrucca bionda a sghimbescio e il rimmel gocciolante. Di chi si tratta e perché guida un camion su cui s’ammucchiano un branco di cani (chiaramente i suoi unici amici)? Allo psicologo (Gibbs) il mostro umano troppo umano spiattella subito il resoconto della pseudo-esistenza che lo ha trasformato in drag queen da cabaret specializzata nel fare il verso alla Piaf (“Je ne regrette rien”) o alla Dietrich (“Lili Marleen”), ma sta di fatto che l’overdose di disagi, patimenti e cinismi non trova mai una misura conforme alle pretensioni dell’autore. Tra le quali, manco a dirlo, vanno annoverate le solite e forzate intemerate contro gli uomini, quasi tutti padri/padroni ripugnanti; mentre le donne sporadicamente coinvolte assomigliano, va da sé, ad angeli gentili e premurosi, magari soltanto troppo fragili per riuscire a salvare il nostro martire dalle fiamme del suo inferno. Sgradevolezze assortite a parte, che potrebbero essere messe a carico di un’istintiva ostilità del recensore e trovando conferma che azione, drammaticità e redenzione sono da sempre il suo marchio di fabbrica, il suo stile, il suo credo, Besson diventa in questo frangente inattendibile quando intende per il buon peso dispensarci le sue riflessioni sulla “società” (mai dettagliata o vagliata, bensì oggetto di lunghe tirate lacrimose) che grazie alle connaturate, bibliche malvagità, violenza, corruzione avrebbe ridotto il protagonista al rottame umano che abbiamo imparato a conoscere dall’incipit. Furbescamente dislocato sul terrazzo di uno sciatto moralismo (con look transgender à la page), “Dogman” si limita in fondo a gestire una brutale quanto abusatissima lotta del Bene –le povere bestie innocenti, incapaci di corrompersi come gli uomini – contro il Male, con cui Besson si trova meno a proprio agio (vedi il capobanda messicano degno di un horroraccio a basso costo). Proprio non basta, insomma, fare indossare al pur bravo attore trasformista Landry Jones i panni del clown cristologico per farci scambiare un po’ di vesciche per stimmate e questo truculento pastrocchio per il contraltare del capolavoro “Joker”.

DOGMAN

DRAMMATICO – FRANCIA/USA 2023 

Un film fi Luc Besson. Con Caleb Landry Jones, Jojo T. Gibbs, Christopher Denham, Grace Palma, Marisa Berenson

 

 

 

 

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