Pubblicato il 28 Giugno 2023 | da Valerio Caprara
0Denti da squalo
Sommario: Walter, tredici anni, ha appena perso il padre. La scuola è finita, il suo umore è svogliato e depresso, il suo girovagare in bicicletta sulle strade del litorale romano non ha scopo né meta. Un giorno in una grande villa con piscina in apparenza abbandonata conosce Carlo, un ragazzo poco più grande di lui che asserisce d’esserne il guardiano...
2.5
Walter, tredici anni, ha appena perso il padre e con la madre il dialogo è complicato (eccellente la Raffaele, strappata con bella intuizione all’abituale ruolo d’imitatrice). La scuola è finita, il suo umore è svogliato e depresso, il suo girovagare in bicicletta sulle strade del litorale romano non ha scopo né meta. Un giorno, però, una grande villa in apparenza silenziosa e deserta cattura la sua attenzione fino a quando compare dal nulla Carlo, un ragazzo poco più grande di lui, che asserisce d’esserne il guardiano e di doversi occupare dello squalo che incredibilmente nuota nelle torbide acque dell’enorme piscina… “Denti da squalo”, il primo lungometraggio di Davide Gentile, classe 1985, ex regista pubblicitario, cerca con una certa audacia di trovare un punto d’equilibrio tra il fantastico e il realistico, l’avventuroso e il thrilling, le atmosfere dei romanzi di formazione della Hollywood anni 80 (“Stand by Me”) e quelle autoctone care allo stile di Gabriele Mainetti (“Lo chiamavano Jeeg Robot”) non a caso produttore del film con Lucky Red e Rai Cinema. L’amicizia che nasce tra i due protagonisti –mirabilmente interpretati dagli inediti e commoventi Menichelli e Rosci- è anche portatrice di pericoli perché l’habitat malsano è adiacente a quello tramandato dagli antieroi noir di Caligari (“Non essere cattivo”) e i fratelli D’Innocenzo (“Favolacce”), dunque non era scontato che Gentile riuscisse a districarsi dal groviglio d’influssi e conservare un sigillo poetico personale nella ridda di stereotipi che potrebbero sovrapporsi nell’immaginario degli spettatori. In questo senso conta molto la sensibilità con cui ha utilizzato a scopo narrativo e non banalmente estetico le svarianti combinazioni di luci firmate dal direttore della fotografia Ivan Casalgrandi; mentre per quanto riguarda la suggestiva colonna sonora non a caso è stata composta dal musicista Michele Braga in simbiosi artistica con lo stesso nume tutelare Mainetti. In conclusione se le componenti di realismo ‘romanesco’ possono ingenerare qualche sospetto di concessioni alla moda, le sbrigliate incursioni in una dimensione mitico-simbolica rispondono meglio alle motivazioni del progetto: ne costituiscono l’esempio più limpido le riapparizioni del padre (Santamaria) non risolte col solito ricorso ai flashback esplicativi, bensì per il tramite, specificatamente filmico, della valorizzazione di oggetti e luoghi dotati del potere di rievocare la controversa personalità dell’adulto.