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Pubblicato il 23 Ottobre 2022 | da Valerio Caprara

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Dante

Dante Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario: Circa trent’anni dopo la morte di Dante, Boccaccio deve consegnare alla figlia suor Beatrice dieci fiorini d’oro come risarcimento simbolico dell’ingiusta condanna patita dal padre. Risalirà le tappe del suo esilio da Firenze a Ravenna incontrando le persone che l’hanno conosciuto e ricostruendo le fonti da cui sono nate le vicende della “Vita nova” e la “Commedia”.

2.5


VALERIO CAPRARA

Un grande film che non significa perfetto, ma che resterà emblematico per come riesce a tramandare la ricettività dei sentimenti e le emozioni e la capacità di desumerne storie in termini cinematografici di Pupi Avati. “Dante” s’inserisce, così, con una naturalezza artistica che assomiglia a una predestinazione personale, nella ricca e composita filmografia di uno dei registi più generosi e liberi della sua generazione. In una fase della produzione nazionale, inoltre, in cui l’ambizione viene vista e valutata con sospetto in quanto inutile per l’ottenimento dei salvacondotti etico-politici, l’impresa di cimentarsi con un numero impressionante di ruoli e comparse, uniformi, armi, bestie e costumi ispirati agli affreschi dell’epoca, trucchi prostetici costosi, effetti speciali complicati e disagevoli location in Umbria, Lazio e Toscana ancora pregne di atmosfere medievali meriterebbe di per sé rispetto e ammirazione. Ma c’è di più: se il genere biografico prende forme diverse a seconda del tipo di personaggio trattato e dunque della drammaturgia che gli si adatta, in questo caso la sfida di Avati è anche quella d’integrarlo in quel vero e proprio “genere sopra i generi” che è il cinema storico. In effetti, al di là delle giuste nozioni scolastiche e del fatto che sugli eventi della vita di Dante e le relative interazioni con i testi restano molti dubbi perché i dati disponibili sono pochissimi, dopo secoli in cui la varietà della sua produzione letteraria era fatta rientrare a forza entro schemi rigidi e unitari solo adesso possiamo osare di misurarci con tutti i suoi enigmi e le sue sfaccettature: davanti al regista bolognese si apriva, dunque, un terreno sterminato e accidentato, quello di un iperclassico perennemente autorigeneratosi sino a essere compatibile con le riletture e risonanze della contemporaneità.

Serviva dunque un’idea forte per sorreggere il film e Avati l’ha trovata affidando a Boccaccio, il primo cultore, promotore e biografo di Dante, un misto di road-movie e film inchiesta: circa trent’anni dopo la sua morte sopraggiunta nel 1321, l’autore del Decameron deve consegnare a suor Beatrice, monaca a Ravenna nel monastero di Santo Stefano degli Ulivi, per conto dei capitani della congregazione di Orsanmichele dieci fiorini d’oro come risarcimento simbolico dell’ingiusta condanna patita dal padre e per farlo risale le tappe del suo esilio incontrando le persone che l’hanno conosciuto e ricostruendo le fonti da cui sono nate le vicende più eclatanti della “Vita nova” e la “Commedia”. È previsto, peraltro, anche un piano temporale alternativo, quello della vita del poeta a partire dai cinque anni (quando muore la madre) ma non sempre i raccordi funzionano: un rimpianto è, così, suscitato dalla scelta di stringere tutto in appena un’ora e mezza, facendo sì che a tratti i dialoghi sovrabbondino di riferimenti storici e sottolineino i nomi dei personaggi celebri rallentando il ritmo narrativo; subito riavviato, peraltro, dalle magnifiche sequenze ispirate alla violenza verbale e visionaria che caratterizza la “Commedia” come quelle in cui Avati riesce a rendere carnale, grazie a una serie di audaci sublimazioni (lo sguardo in macchina di Beatrice morta sfregiata dal vaiolo) al limite dell’horror (la stessa che mangia il cuore dell’innamorato), il rapporto amoroso più platonico di tutta la letteratura mondiale. Mentre lo spazio per forza di cose sintetico assegnato alla militanza civile e intellettuale del poeta è compensato dalla classe attoriale di Castellitto, la Blanc e la D’Obici, Mastelloni –un Bonifacio VIII di melliflua protervia-, Rigillo e Haber nelle vesti dell’abate protagonista di uno dei momenti più intensi del film in cui ingaggia un duello dottrinale con Boccaccio. Non crediamo, in conclusione, che “Dante” possa essere elargito a riottose scolaresche come un’appendice qualsiasi della routine celebrativa perché il timbro inconfondibile di Avati trasuda, certo, di un’assoluta devozione però intrisa di malinconia. Tenendo presente che nel medioevo non era un sentimento delicato come lo concepiamo oggi, tant’è vero che Dante lo fa accompagnare da due tremende e possessive ancelle: Un dì si venne a me Malinconia e disse: «I’ voglio un poco star con teco»; e parve a me ch’ella menasse seco Dolore ed Ira per suo compagnia.    

 

DANTE

BIOGRAFICO/STORICO – ITALIA 2022   

Un film di Pupi Avati. Con Alessandro Sperduti, Sergio Castellitto, Carlotta Gamba, Enrico Lo Verso, Gianni Cavina, Leopoldo Mastelloni, Erica Blanc, Alessandro Haber, Mariano Rigillo

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

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