Pubblicato il 11 Novembre 2023 | da Valerio Caprara
0Comandante
Sommario: Puntuale ricostruzione della nobile impresa del capitano di corvetta Salvatore Bruno Todaro che nel 1940 al comando del sottomarino della Regia Marina “Cappellini” dopo avere colpito e affondato il mercantile belga “Kabalo” decise di non abbandonare in mare i nemici superstiti e di portarli in salvo mettendo a rischio il naviglio e l’equipaggio.
2.5
Occorre un po’ di serenità per giudicare “Comandante”, il film di Edoardo De Angelis (stesso titolo del romanzo scritto con Sandro Veronesi) dedicato alla nobile impresa del capitano di corvetta Salvatore Bruno Todaro (1908-1942) che nel ‘40 al comando del sottomarino della Regia Marina “Cappellini” dopo avere colpito e affondato il mercantile belga “Kabalo” decise di non abbandonare in mare i nemici superstiti e di portarli in salvo mettendo a rischio il naviglio e l’equipaggio. Tentiamo di farlo prima di dare conto dell’imprevedibile infortunio in cui sono incorsi i suoi autori, i suoi attori e i suoi produttori (tra cui la Marina italiana): “Comandante” è un film di guerra appartenente al sottogenere subacqueo, tra i più fortunati di sempre come quello carcerario, pour cause d’impianto claustrofobico ma dotato di passaggi di forte intensità spettacolare nonché lodevolmente ambizioso grazie anche all’importante (in ambito italiano) budget. Inutile dire che il film punta molto sull’ennesimo protagonismo di Favino, sempre bravo ancorché in blando sospetto d’affettazione: un eroe carismatico e sfaccettato che parla con una leggera e buffa cadenza veneta, prende la morfina e indossa il busto a causa dei terribili dolori provocati da una lesione alla colonna vertebrale, vagamente dandy e dannunziano, attratto da yoga e spiritismo, cultore del greco antico a cui lo svezzò il vecchio professore interpretato dal mitico Bonacelli e dunque considerato dai sottoposti un po’ condottiero e un po’ sciamano (pare che abbia presagito con precisione la propria morte imminente causata dalla mitragliata di uno Spitfire inglese). In effetti quando guida i suoi uomini verso l’imbarcadero di La Spezia fa intonare l’allora popolare canzone romantica “Un’ora sola ti vorrei”, mentre al momento della battaglia ordina che risuoni l’inno dei sommergibilisti, “Andar pel vasto mar / Ridendo in faccia / a monna Morte e al destino / Colpir e seppellir /Ogni nemico che s’incontra sul cammino”. Insomma, al netto di un bel po’ di retorica e luoghi comuni, un film discreto e ben diretto specie nelle scene di suspense (come il passaggio dello stretto di Gibilterra simpaticamente equiparato al “culo di una gallina”), che ricorda certi film italiani del dopoguerra come “Natale al campo 119” perché nel sottomarino ricostruito a grandezza naturale sgobbano marinai che parlano ciascuno il proprio dialetto (non mancano il corallaro torrese e il cuoco napoletano e purtroppo spunta anche il mandolino) rappresentando l’Italietta dell’epoca definita da Todaro con pittoresco volo pindarico “bordello meraviglioso e putrido”.
«Perché siamo italiani» risponde nel momento clou Todaro/Favino allo stupefatto parigrado belga che gli chiede perché abbia rischiato la vita e trasgredito le regole belliche per riconsegnargli i sopravvissuti in un porto neutrale delle Azzorre… E qui è partito il fuoco amico anche perché sembra che la vera frase pronunciata dal comandante (nel film non c’è, ma è rimasta in qualche trailer) fosse un’altra: «Agisco così perché ho duemila anni di civiltà alle spalle». Apriti cielo. Ci ripugna correre dietro agli habitué della polemica di parte, però sarebbe disonesto ignorare la bufera critica scatenatasi, nonostante sia chiarissimo l’intento (a cominciare dall’epigrafe iniziale della frase attribuita a un marinaio russo salvato dagli ucraini e continuando con quella messa in bocca al prode comandante “noi affondiamo il ferro nemico senza pietà, ma salviamo l’uomo”) di supportare il principio umanitario del prestare sempre e comunque soccorso ai dispersi in mare. Peccato che in quest’ultima e altre analoghe battute e nel reale identikit di Todaro che fece parte della X-Mas originaria (non quella, cioè, che anni dopo divenne la bestia nera dei partigiani, né quella di cui prese il comando nel ‘43 Junio Valerio Borghese) e ne creò il vessillo della bandiera nera col teschio e la grande X, molti dei suddetti estremisti abbiano colto la presunta apologia del sovranismo e del patriottismo, il rilancio dell’esecrato motto “italiano brava gente” o addirittura l’innominabile ipotesi che anche tra gli ufficiali e i soldati scaraventati dal Re e dal Duce in una guerra sciagurata ci possa essere stata qualche brava persona. Va a finire che sulle qualità del film s’esprimeranno solo i cinefili e gli spettatori non indottrinati, ma in questo modo, ahinoi, finisce con l’autosabotarsi quel che resta del cinema italiano.
COMANDANTE
STORICO/GUERRA – ITALIA 2023
Un film di Edoardo De Angelis. Con Pierfrancesco Favino, Silvia D’Amico, Massimiliano Rossi, Arturo Muselli, Johan Heldenbergh, Giuseppe Brunetti, Gianluca Di Gennaro