Pubblicato il 20 Febbraio 2017 | da Valerio Caprara
1Cinquanta sfumature di nero
Sommario:
0.8
La marcia trionfale continua. Dopo i 571 milioni di dollari incassati da “Cinquanta sfumature di grigio”, la trilogia sadomaso tratta dai bestseller di Erika Leonard James lancia il secondo capitolo alla riconquista del box office con aspettative parimenti ingorde. E’ inutile, ovviamente, combattere come Don Chisciotte contro film che –com’è successo in sede letteraria- espongono e impongono materiali interessanti per la sociologia e il costume più che per l’analisi stilistica e il riscontro critico; tanto è vero che, in quest’ottica, conta assai poco che le polemiche connesse all’edulcorata trasposizione operata in prima battuta abbiano indotto la produzione a licenziare Sam Taylor-Johnson e a insediare dietro la macchina da presa il meno sprovveduto James Foley di “Americani” e “House of Cards” con la consegna di aumentare e intensificare le scene di sesso. Non era facile, in ogni caso, indurre a rimpiangere anche un solo aspetto del prototipo, ma “Cinquanta sfumature di nero” riesce nell’impresa grazie al pessimo lavoro dello sceneggiatore Niall Leonard, che pure è il marito della James e dovrebbe conoscere a menadito le armi segrete della saga. Non si tratta di appigliarsi ai pregiudizi contro i prodotti di massa né tantomeno a quelli ostili alle tematiche dell’erotismo libero e selvaggio: oggettivamente il match fisico e mentale tra Christian e Anastasia cerca alla bell’e meglio di trovare una logica narrativa agli esordi del plot, ma ben presto si disfa in una sequela di eventi senza capo né coda che cercano invano il collante di un puzzle raffazzonato e inerte.
Tutto è forzato, tutto è grottesco, tutto è psicologicamente “mimato” al momento di riprendere il racconto con la povera ragazza disperata per la perdita del sadico (non per vizio, per carità, ma perché traumatizzato dall’infanzia) amante e l’incompatibilità di gusti sessuali non suggerisce una ragionevole rinegoziazione per la reciproca soddisfazione, bensì l’improvvida missione di degradare la relazione tra maestro e allieva dalla linea di “Histoire d’O” a quella “sana” di una coppia di borghesucci qualsiasi tentati da qualche solletico da hot club. Non a caso, secondo noi, la vera tara del fenomeno “Sfumature” sta nella sua disonestà d’approccio: mille volte meglio, ovviamente il porno che pretende dal voyeurismo –una delle peculiarità costitutive del cinema- un impatto limpido e diretto senza sentire il bisogno di nascondersi dietro tali e tanti ammiccamenti pruriginosi e sostanzialmente moralistici, se non addirittura un po’ bigotti. La Johnson e Dornan fanno quel poco che possono, ma risultano più indigeste le performance macchiettistiche dei personaggi di contorno (tra cui, purtroppo, anche una vera attrice come la Basinger e Bella Heathcote nella parte della schiava rovinata dal sesso e ridotta per punizione a una sorta di barbona dickensiana), mentre il massimo vertice di trasgressione è toccato dalla spottistica sfilata di lingerie superlusso che magari non si potrà mai permettere chi ha già fatto il sacrificio di pagare il prezzo del biglietto.
CINQUANTA SFUMATURE DI NERO
Regia: James Foley
Con: Dakota Johnson, Jamie Dornan, Bella Heathcote
Erotico. Usa 2017