Pubblicato il 24 Luglio 2023 | da Valerio Caprara
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Sommario: La bambola Barbie vive felice nel suo perfetto mondo finto. Ma un brutto giorno imprevedibili pensieri "malsani" la spingono a intraprendere un traumatico eppure liberatorio viaggio nel Mondo Reale
2.5
Come una medicina. Prima, durante e dopo la sua uscita é infatti d’obbligo assumere pillole di dibattito su “Barbie”, il film che tiene in allarme i gruppi e i singoli che al cinema chiedono soprattutto come e con chi si schiera. Certo in questo caso le motivazioni risultano meno rudimentali del solito perché, com’é stato abbondantemente divulgato, l’impresa era di quelle che fanno tremare i polsi ovvero tradurre in un superspettacolo con vista sugli Oscar i personaggi e l’universo della bambola più famosa della storia e dunque più esposta ai venti o meglio ai tornadi dei mutamenti del costume e i rivolgimenti delle sensibilità sociali, culturali, pedagogiche e antropologiche. Diciamo subito che la regista Greta Gerwig e il consorte cosceneggiatore Noah Baumback hanno superato la prova senza forzature ideologiche costruendo una commedia dalle tinte neo-fiabesche e scegliendo un approccio stratificato ed equilibrato che sarà gradito da pubblici vasti e lascerà a bocca asciutta gli estremisti delle due sponde (ovvero i guardiani della tradizione e gli invasati della cancel culture). La carne al fuoco era del resto molta, forse troppa perché l’intento del duo autoriale era trasformare il celeberrimo giocattolo in un’icona femminile a tutto tondo postmoderno e l’identikit dello stesso -30 cm di ragazza bianca, bionda, longilinea, elegante, etero, ricca e soprattutto americanissima- se non in quello di un’attivista, in quello di una donna che ha orecchiato Betty Friedan, si libera dallo stereotipo commerciale ed è tampinata da un innamorato-asessuato che ne subirà sino al martirio lo spirito acquisito di autodeterminazione e autocoscienza. Sia la radiosa Robbie, sia l’aitante Gosling (un Ken biondissimo e palestratissimo però alla fine opportunamente rieducato) si muovono, infatti, in eccellente sintonia sulle note di un quasi-musical svariante tra il kitsch e il pop, l’alto e il basso, il nostalgico e il polemico con l’obiettivo di ironizzare sugli standard di femminilità e mascolinità originariamente connaturati al prototipo disegnato da Ruth Handler e commercializzato dalla Mattel (azienda peraltro tanto accorta da avere coprodotto il blockbuster senza pretendere che si limitasse a uno spot aggiornato).
É superfluo svelare i dettagli della trama che prevede un prologo immerso nell’outfit rosa pastello (abiti, acconciature, accessori) allestito dal super fotografo Rodrigo Prieto per la straordinaria ricostruzione di un mondo utopico e perfetto, assolutamente artificiale ma allo stesso tempo iperrealistico in cui la nostra Barbie in carne e ossa si sveglia ogni giorno a Barbieland come se fosse il più felice della sua vita, saluta le Barbie abitanti nelle ville circostanti e via via si relaziona con le Barbie giornaliste, fisiche, astronaute, dottoresse, avvocate, diplomatiche. La seconda e più farraginosa parte sconta gli imprevedibili pensieri “malsani” che la spingeranno ad avventurarsi con il tonto Ken al seguito in una Los Angeles che nel teatrino a grandezza naturale introduce le tossine del patriarcato, le molestie sessuali, le disparità di genere e i lati oscuri del capitalismo… Il film che era partito citando con ironia cinefila “2001: Odissea nello spazio”, “Il mago di Oz”, “Cantando sotto la pioggia” e “La febbre del sabato sera” ed era scivolato in una versione giocosa di “The Truman Show” si riscopre a questo punto incline al gusto acido e derisorio in stile Monty Phyton perdendo molto ritmo ma guadagnando qualche punto in termini di rebranding femministicamente corretto del marchio. In provvisoria conclusione si può dire che la Gerwig ha trapiantato con notevole mestiere la propria formazione di cineasta indipendente nel mega formato blockbuster onorando dal punto di vista estetico, scenografico e musicale (perfetta la colonna sonora gremita di Dua Lipa, Tame Impala, Billie Eilish) la propria ispirazione eccentrica e sbrigliata. Magari a luci riaccese la visione lascia una sensazione di sazietà, di troppe strizzatine d’occhio pubblicitarie (Birkenstock, Yamaha, Chanel) e di pragmatismo gattopardesco (è necessario che tutto cambi perché tutto resti identico). Ripensando però a quello che la cinica Disney sta combinando per compiacere i diktat del cosiddetto gender fluid, alla Barbie promossa da fantoccio-oggetto a personaggio umano sanamente imperfetto va riconosciuto il merito di un ragionevole riallineamento allo spirito del tempo: Barbie non è cattiva e men che mai “fascista” (come a un certo punto viene apostrofata), ma nel Mondo Reale è così che l’hanno disegnata fino a adesso.
BARBIE
COMMEDIA FANTASY – USA 2023
Un film di Greta Gerwig. Con Margot Robbie, Ryan Gosling, America Ferrera, Kate McKinnon, Issa Rae, Rhea Perlman, Bill Ferrel