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Pubblicato il 19 Gennaio 2017 | da Valerio Caprara

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Arrival

Arrival Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia ed effetti
interpretazioni
emozioni

Sommario: Dodici enigmatiche navicelle spaziali incombono dal cielo in altrettante e strategiche località della Terra. Una glottologa e un matematico tenteranno di stabilire un contatto e una comunicazione con i mostruosi alieni per cercare di capire qualcosa delle loro forse minacciose intenzioni.

2.3


L’avremmo capito subito, anche senza le note dell’ufficio stampa. Il regista canadese Villeneuve (“Sicario”) è cresciuto nel mito di “2001: Odissea nello spazio” e “Incontri ravvicinati del terzo tipo” e “Arrival” tratto dal racconto “Storia della tua vita” di Chiang non ha fatto altro che fornirgli l’agognata occasione per omaggiare i monumenti di Kubrick e Spielberg. Sorprendentemente, però, mescolando i due diversi modelli di suspense fanta-umanistica il film acquista, nel bene e nel male, una personalità propria e si consegna al pubblico nella forma di blockbuster nello stesso tempo ambizioso e umile, a tratti mistico-elegiaco alla Terrence Malick, ma in definitiva sin troppo algido e asettico.

La trama s’impernia sul duplice percorso assegnato all’ottima Adams: quello principale, in cui la linguista Louise, arruolata dall’esercito Usa, tenta di comunicare con le creature asserragliate nelle dodici gigantesche conchiglie spaziali apparse all’improvviso in diversi cieli del mondo; quello in sottotraccia, costituito dai flash allucinatori dei traumi annidati nel suo oscuro passato. Spalleggiata dal matematico Ian, interpretato dal virile e versatile Renner e incalzata dal tempo limitato che resta all’umanità per scongiurare l’apocalisse finale, l’eroina inizia a estrarre intenzioni, strategie, profezie, richieste e proposte dagli incomprensibili suoni e geroglifici emessi o vergati dagli alieni-piovre a sette zampe e in particolare dalla coppia che ha soprannominato Tom & Jerry (in originale Abbott & Costello).

Villeneuve ha senz’altro la mano del grande cineasta, eppure le dilatazioni sentimental-filosofiche rischiano, a partire dalla seconda parte, di penalizzare lo sforzo effettuato per conferire originalità agli interrogativi classici del maxigenere sui pilastri dell’esistenza e della civiltà, sulle fragilità della scienza e la babele dei linguaggi, oltre che, ovviamente, sulle paure e le paralisi indotte dallo scorrere imperscrutabile di ciò che chiamiamo ‘tempo’ e sui reconditi meccanismi della memoria. Troppo esplicito, così, per fare concorrenza all’estasi enigmatica di “2001” e troppo sofisticato rispetto all’enfasi spettacolare di “Incontri ravvicinati”, “Arrival” tende a mantenere a distanza gli spettatori, finendo in pratica col lasciare che ognuno di essi se la sbrighi a seconda del proprio approccio e la propria emozione.

ARRIVAL

Regia: Denis Villeneuve

Con: Amy Adams, Jeremy Renner, Forest Whitaker

Fantascienza. Usa 2016

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