Aragoste a Manhattan
Sommario:
1.8
I ristoranti sono ormai onnipresenti sul grande schermo e nelle serie tv sfruttando l’argomento dell’arte culinaria in tutte le varianti possibili e immaginabili, dal thriller al musical. “Aragoste a Manhattan” di Alonso Ruizpalacios, presentato alla Berlinale del 2024 con il titolo “La Cocina”, si colloca in questa scia come film ambiziosissimo, estremamente lavorato (magari manieristico) e non a caso preceduto da un’epigrafe del filosofo, scrittore e poeta statunitense David Henry Thoreau precursore dell’ambientalismo e della nonviolenza. L’ambientazione è la cucina sottostante al ristorante “The Grill” situato nei pressi di Times Square, l’epicentro turistico di New York qui intravisto di sghembo dal vicolo dove i dipendenti fanno una pausa per fumare o scaricano i sacchi di spazzatura. Tra quest’ultimi spicca Pedro (Briones), lo chef messicano ancora senza permesso di soggiorno che non smette mai di provocare i colleghi e sfidare il proprietario, ma trova anche il tempo di amoreggiare con la bionda e bella cameriera (Mara) che nasconde la gravidanza sotto la divisa. La tensione, che striscia costantemente tra le convulse operazioni nel dedalo di dispense e fornelli, diventa incandescente quando si scopre che qualcuno ha sgraffignato un pacchetto di dollari dall’incasso giornaliero… Si percepisce la grande abilità del regista nel svolgere l’esile filo della trama in un tripudio di piani sequenza, di movimenti frenetici se non schizoidi delle angolature di ripresa e di profili molto nitidi ancorché frammentari dei sovreccitati protagonisti, però proprio la profusione di effetti -a cominciare da un bianco e nero opalescente e (forse) volutamente straniante- finisce per fare prevalere l’esercizio stilistico fine a sé stesso sull’efficacia della storia. Inoltre è motivo -a scelta- di apprezzamento o delusione il fatto che Ruizpalacios faccia più che esplicito riferimento ai consacrati confratelli messicani Cuarón e González Iñárritu, dalla fotografia di “Roma”, alle lunghe riprese in uno spazio claustrofobico di “Birdman” sino alle metafore di critica politica e sociale di “Biutiful”. I cinefili più arditi hanno citato il cinema di Jarmusch o, ancora più pretestuosamente, quello di Chaplin. A noi sembra invece che il film riprenda senza troppa sottigliezza i codici fissi del cinema indipendente off Hollywood o meglio, restando nei meandri del seminterrato, che una salsa troppo densa e speziata abbia guastato il piacere di un buon piatto.
ARAGOSTE A MANHATTAN
DRAMMATICO – MESSICO/USA 2025
Un film di Alonso Ruizpalacios. Con: Raùl Briones, Rooney Mara, Anna Diaz, Motell Foster, Oded Fehr, Spenser Granese



