Pubblicato il 29 Maggio 2022 | da Valerio Caprara
0ESTERNO NOTTE
Sommario: Rilettura realistica e insieme visionaria dei convulsi giorni del rapimento e l'assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse
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Si può vedere in sala sulla scia dell’anteprima a Cannes (dove peraltro è passata intera) solo la prima parte della serie in sei episodi “Esterno notte” perché la seconda uscirà il 9 giugno e la programmazione su Rai1 è prevista addirittura in autunno. Difficile, dunque, dialogare con gli spettatori che per adesso potranno farsene un’idea robusta ma incompleta, fatta salva la convinzione che cinema e serialità a determinate condizioni di qualità non sono più incompatibili. In questo caso, poi, ad avvicinare gli ambiti c’è la firma del regista, l’ottantaduenne Marco Bellocchio che resta uno dei pochissimi per il quale l’aggettivo di maestro non suona come orpello di prammatica: una personalità multiforme che oggi, del resto, stupisce solo chi non l’ha mai compreso pienamente e, anzi, nei periodi in cui era in disgrazia per scelte poetico-politiche fuori standard l’ha attaccato iniquamente. Non si può dire, per esempio, che a partire da “Fai bei sogni” e “Il traditore” si sia aperto a film più affabili e fruibili, se non addirittura d’azione perché ha appena diretto il magnifico documentario “Marx può aspettare” intimistico e tormentato come ai vecchi tempi. “Esterno notte” in ogni caso riesce a coinvolgere grazie allo spiccato estro visivo, i toni e i ritmi alti, i personaggi ricalcati su quelli noti o ex noti e una vicenda dai risvolti drammatici a lungo sviscerata in una gamma infinita di scoop, polemiche, rievocazioni e dietrologie. Ci si ritrova, infatti, riportati alla fine dei Settanta, quando l’afflato ribellistico e libertario di dieci anni prima si è disintegrato nelle imprese dell’estremismo armato: da alcuni anni le Brigate Rosse, la principale banda generata dall’album di famiglia della sinistra, si stanno addestrando nella funesta scimmiottatura della Resistenza antifascista e della “rivoluzione tradita”. Il più sanguinario attacco al cosiddetto Stato imperialista delle multinazionali inizia, nella realtà e nella serie, il 16 marzo ’78 in via Mario Fani con l’agguato al presidente della Dc Aldo Moro, il suo rapimento e l’eccidio dell’intera scorta. Girato con mano pragmatica e disinvolta, interpretato da attori motivati (Gifuni vi appare più vero del vero Moro, ma non sappiamo se questo sia davvero un complimento), alternato con qualche filmato d’epoca, il racconto fluisce senza intoppi ma neppure impennate memorabili trasmettendo sensazioni d’equilibrio tra spinta emotiva e urgenza riflessiva: tenendosi distante dalle fiction nostrane, in cui la forma e il pathos vengono quasi sempre sacrificati sull’altare del contenuto o del messaggio, il valente piacentino si propone di spiegarsi e spiegare sull’abbrivio di convinzioni e non di dogmi senza perdere di vista la tenuta drammaturgica nel coacervo dei fatti, gli aneddoti e i (falsi) scoop che si susseguirono incredibilmente sovrapposti, clamorosamente fuorvianti e pervicacemente devastanti.
Tuttavia un problema dell’opera sta, secondo noi, nell’aggettivo “esterno” che va a correggere il titolo “Buongiorno, notte”, il suo capolavoro sullo stesso tema tratto dal memoriale “Il prigioniero” di Anna Laura Braghetti, in cui con un duplice scatto d’immaginazione e pietas (nell’antico senso romano dei doveri da rispettare nei confronti sia dei consimili, sia degli dei) il finale mostrava Moro liberato che a passi incerti ritorna all’alba verso casa. Ovviamente la modifica apportata alla sublime intuizione del film del 2003 fa capo alla sceneggiatura co-scritta con Bises, Rampoldi e Serino (in parte lo stesso team di “Gomorra: La Serie”) che, però, mitiga non poco quella visione unica e non omologata, insieme onirica e catartica, per proporne nuove nient’affatto all’altezza: a cominciare da Moro salvato e ricoverato in ospedale con la lugubre parata dei boss Dc dell’epoca schierati al suo capezzale fino a tante altre dedicate ai protagonisti, appunto, esterni alla prigione/mattatoio dello statista infarcite di mascheroni grotteschi affini a quelli tramandati con maggiore pertinenza di stile dal sorrentiniano “Il Divo” (peraltro con poco o nullo rilievo concesso a personaggi di pari o superiore coinvolgimento come Craxi, Pertini o Berlinguer). Dando l’impressione che il pamphlet prenda un po’ la mano all’epica e correndo il rischio di fare scivolare il severo ma equanime distacco dell’artista in concessione alla vulgata della diga eretta dal “Potere” a colpi di kalashnikov contro l’avvento del compromesso storico: la madre di tutti i complottismi smentita, tra l’altro, dallo stesso film in cui si riconoscono prima Ingrao e poi la Jotti (in qualità di terze cariche dello Stato) intenti a battere le mani alle convulse fibrillazioni dei partiti e del governo.
ESTERNO NOTTE
DRAMMATICO – ITALIA 2022
Un film di Marco Bellocchio. Con Fabrizio Gifuni, Margherita Buy, Toni Servillo, Fausto Russo Alesi, Gabriel Montesi, Daniela Marra, Vito Facciolla