Pubblicato il 3 Gennaio 2022 | da Valerio Caprara
0ILLUSIONI PERDUTE
Sommario: Francia primo Ottocento, gli anni della Restaurazione. Lo squattrinato poeta dilettante Lucien riesce a trasferirsi dalla provincia a Parigi, dove grazie al favore di una nobildonna incapricciata del suo presunto talento, entra in contatto con i centri nevralgici della mondanità, dello spettacolo e del nascente e onnivoro potere del giornalismo. La sua irrefrenabile ambizione conosce repentine ascese, ma nello stesso tempo apre la strada alla caduta e il disincanto
3
Jeu de massacre nella Parigi del 1820. Lucien Chardon è un giovane di bell’aspetto che dati gli umili natali deve sopravvivere come umile impiegato della tipografia di famiglia ad Angouleme, capoluogo del dipartimento della Charente; le spropositate ambizioni di poeta dilettante, incoraggiate dalla nobildonna che lo protegge, lo spingono a lasciare la provincia per trasferirsi nella capitale dove viene presto trascinato nel tourbillon mondano, culturale e giornalistico dell’epoca della Restaurazione. Con “Illusioni perdute” un regista colto e tradizionale come Giannoli (“Marguerite”) offre una versione di tutto rispetto, ancorché ridotta e impoverita, del romanzo pubblicato in tre parti da Honoré de Balzac tra il 1837 e il 1843 e diventato il secondo dei cicli narrativi della monumentale La Comédie Humaine e proprio una “commedia umana” scorre per 141 minuti sullo schermo in cui tutto si compra e si vende, la letteratura come la stampa, la politica come i sentimenti, le reputazioni come le anime. In un quadro figurativo garantito da costumi, scenografie, fotografia, musiche d’alto e (oggi) inusitato livello è piacevole, così, farsi sorprendere dalle ascese e le cadute del brillante e arrivista Lucien autonominatosi de Rubempré tra i comportamenti di personaggi affascinanti o grotteschi, nel frenetico caos delle strade, i teatri, le redazioni, i salotti, nella fluidità delle inquadrature e le sequenze spesso contrappuntata da veri e propri schizzi in stile caricaturistico. Metodo utilizzato anche dal venerato scrittore, peraltro saccheggiato molto meno di quanto si possa pensare dalle trasposizioni –vengono in mente “Eugenia Grandet”, “Il colonnello Chabert”, “Out 1”, “La bella scontrosa” e “La duchessa di Langeais”- forse perché, come ha scritto acutamente Roberto Manassero, “se è vero com’è vero che il cinema narrativo deriva dal romanzo ottocentesco, non ha bisogno di tradurre Balzac perché nei suoi elementi di base è già naturalmente balzachiano”. Non volendo o potendo replicare la sottigliezza delle psicologie balzachiane, la complessità del Bildungsroman o romanzo di formazione e neppure la cruda spregiudicatezza dei film di Stone (“Wall Street”) o Scorsese (“The Wolf of Wall Street”) ai quali insieme al cosceggiatore Fieschi si è sicuramente e astutamente ispirato, Giannoli privilegia la seconda parte del testo originario che sembra anticipare le degenerazioni del sistema mediatico odierno: con la sua chiara concessione agli umori populisti, “Illusioni perdute” insiste sulle comparazioni tra il torbido intreccio delle carriere e la lotta di classe, l’affannosa corsa alle cene, le lusinghe editoriali e le manovre dei precorritori dei tweet e fake news e la segreta voluttà delle alcove amorose, i misteri e i voltafaccia sentimentali e le oscure trattative pubblicitarie, finanziarie e politiche.
ILLUSIONI PERDUTE
DRAMMATICO – FRANCIA/BELGIO 2021
Un film di Xavier Giannoli. Con Benjamin Voisin, Cécile de France, Jeanne Balibar, Salomé Dewaels, Xavier Dolan, Gérard Depardieu