Pubblicato il 23 Maggio 2021 | da Valerio Caprara
0Il buco in testa
Sommario: Maria, donna autonoma e risoluta ma sempre alle prese con difficoltà pratiche e rapporti umani precari nel devastato hinterland vesuviano in cui vive, è ossessionata dall'assassinio del padre poliziotto avvenuto per mano degli estremisti di sinistra quando non era ancora nata. All'improvviso prenderà l'assurda decisione di andare a scovare il responsabile che nel frattempo ha scontato la pena ed è stato scarcerato.
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“Il buco in testa” è quello percepito dalla protagonista Maria a causa della morte del padre, poliziotto colpito a morte da un militante di Autonomia Operaia nel corso degli scontri milanesi dell’anno di disgrazia 1977. Il titolo che s’addice, invece, all’autore è il fuoco nel cuore, sintomo di una curiosità insaziabile, un geyser di pensieri ed emozioni, la voglia di fare cinema senza farsi tirare per la giacca da niente e nessuno: neppure da Napoli e la napoletanità perché Capuano, col suo sorriso sfottente inalberato come segno di vigile dolcezza, se li porta sempre addosso, ma non permette mai che lo conducano nella discarica folkloristica o patriottica. Il suo nuovo film è, in effetti, felicemente imprevedibile, un’immersione nei malesseri dell’hinterland vesuviano, il ritorno della fosca eredità degli anni di piombo e soprattutto il ritratto di una donna alle prese con i suoi lancinanti fantasmi. La Saponangelo, certo, si è presa una bella responsabilità nel farsi perno di una trama, per così dire, a intermittenza nonché oggetto di un’incessante scarica di tensioni, da quelle personali (perché quando le è stato ucciso il marito la madre era incinta e dunque lei il padre non l’ha neppure conosciuto), a quelle della variegata umanità in cui s’imbatte o che frequenta.
L’attrice, che sa gestire come poche altre della sua generazione una fisicità ora sensuale e accogliente ora aguzza e offensiva, risponde, comunque, bene alle attese e lo spunto di volere andare ad ammazzare il responsabile del vecchio omicidio tornato libero dopo anni di galera acquista forza e rilievo grazie alla sua credibilità nell’attribuire alla donna doti in parti eguali di spontaneità e calcolo, pragmatismo e veemenza. “Il buco in testa”, d’altra parte, alterna, senza farsene un problema gli sfoghi di Maria rivolti direttamente al pubblico (tecnica alquanto sgradevole) a immagini di repertorio, flashback molto cinematografici a scene madri molto teatrali; ma il bello è che questo percorso volutamente sghembo riesce spesso a compattarsi, come si capisce già nella prima sequenza alla stazione di Milano, paradossalmente perfetta grazie all’incerta qualità della luce naturale e le riprese in digitale realizzate come di soppiatto. Circostanza che serve a sottolineare come tutte le energie produttive convogliate nel progetto hanno dato il meglio nell’adattarsi, nell’inventare soluzioni, nel partecipare allo sforzo creativo integrandosi con coraggio nelle strategie narrative di Capuano. Sia pure meno servito dal copione, Ragno non disperde il credito riscosso dalle sue ultime e straordinarie performance (la serie tv “Il miracolo” su tutte) e conferisce al reduce sconfitto dalla Storia un piglio scorbutico, una corazza psicologica che gli rende esitante il passo e sfuggente lo sguardo; mentre non tutti i personaggi collaterali appaiono ugualmente incisivi a causa dell’assenza di una paritaria messa a fuoco. Quella che definiremmo una “discontinuità orientata” si conferma, in ogni caso, il metodo grazie a cui l’indomito ottantunenne prosegue il suo periplo in tempi e luoghi sovraccarichi di umori scomposti, desideri repressi, desolazioni morali e lotte per non soccombere al grande freddo societario; dunque, ancora una volta, il suo non è un film lineare, risolto, piallato, confezionato, bensì il film di un cineasta libero.
IL BUCO IN TESTA
DRAMMATICO – ITALIA
Regia di Antonio Capuano. Con Teresa Saponangelo, Tommaso Ragno, Francesco Di Leva, Vincenza Modica, Gea Martire, Anita Zagaria