Recensioni

Pubblicato il 9 Maggio 2021 | da Valerio Caprara

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Rifkin’s Festival

Rifkin’s Festival Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario: Al festival di San Sebastiàn l'ex professore di cinema Rifkin e sua moglie Sue, di professione addetta stampa, partecipano ai riti professionali e mondani con animo e atteggiamenti diversi nonché s'illudono d'essere coinvolti in flebili e improbabili flirt. L'alter ego di Rifkin dietro la macchina da presa, ovvero l'anziano ma sempre raffinato Woody, si diverte e ci diverte corredando le situazioni con l'imitazione parodica delle scene più famose dei propri cult movie.

2.5


Un film molto atteso che esce nelle sale al tempo delle attuali e circospette riaperture già comunica un’ottima notizia. Se a firmare “Rifkin’s Festival” è un geniale ottantacinquenne giunto al quarantottesimo titolo, il piacere raddoppia. Intuendo, poi, che Woody Allen può reagire solo così alla campagna d’odio scatenatagli contro dalla degenerazione del #MeToo, l’evento acquista la massima importanza. Ci sono casi, in effetti, in cui il valore dei principi e la contingenza storica finiscono col condizionare le dimensioni dell’opera: effetto ancora più evidente in un film per cui l’autore gioca d’anticipo tenendo a depotenziare discussioni sofisticate e/o analisi spericolate e lasciando trapelare, tra una risata amara e una gag da intenditori, lo sgomento di non essere neppure in extremis riuscito a capire com’è, cos’è e dove va davvero il mondo… Quello reale, s’intende, perché quello costituito dalla magnifica illusione della settima arte non solo lo conosce a menadito, ma è l’unico ambito che continua a permettergli il contatto con un’umanità in cui non ripone peraltro ragionevoli speranze.

Diciamo subito che non sarà facile per gli spettatori cogliere tutte le citazioni che il film dissemina nel suo elegante e labile svolazzo nelle pieghe di quelle strane e oggi rimpiante “bolle” tra passione, mondanità e cultura chiamati festival cinematografici. La pochade dei festivalieri americani attenti più che altro al box office e i colleghi francesi avvolti dalla nota e insopportabile aria di superiorità intellettualoide è, in effetti, così effimera da far spostare continuamente l’attenzione sui dettagli, i bordi, gli sfondi, le espressioni del quartetto dei protagonisti che nella ridente San Sebastiàn pre-Covid si rincorrono in preda ai rispettivi e per lo più platonici fremiti sessual-sentimentali sull’onda delle briose note jazz di “Wrap Your Troubles in Dreams”: il vero festival, insomma, si svolge tutto all’interno della mente del docente di cinema ipocondriaco interpretato da Wallace Shawn, l’unico attore disponibile su piazza più bruttarello dell’alter ego dietro la macchina da presa, divorato dal sospetto che la moglie lo tradisca con il tipico regista stronzo parigino, invaghito di una dottoressa autoctona (chissà perché, visto che la scialba Anaya non è proprio all’altezza della sua mitica galleria d’attrici) e ossessionato dalle sequenze cult di Bunuel, Truffaut, Fellini & co. e dalla convinzione, ahinoi stantia, della superiorità genetica del cinema europeo su quello Usa. Per fortuna, però, accanto allo slittino di “Quarto potere”, il corteo in maschera di “8 e mezzo”, il miraggio della fuga d’amore sulla Ford Mustang di “Un uomo, una donna” spicca il lavoro parallelo meno evidente, ma più sofisticato del maestro fotografo Storaro alle prese con la riproduzione delle sfumature del bianco e nero dei primi piani bergmaniani, mentre è lo stesso Allen a impegnarsi nell’omaggio agli stili di regia di ciascuna sequenza imitata (come succede per esempio nel caso del montaggio discontinuo utilizzato dal giovane Godard in “Fino all’ultimo respiro”). Ed è significativo che in questo ritorno sia pure in tono minore alle riflessioni sul cortocircuito tra il vissuto e la messinscena, il misantropo di Manhattan non tradisca la sua classe evitando qualsiasi accenno all’odiosa persecuzione di cui è vittima; ma che neppure s’arrenda alla Morte incarnata dall’istrionico Waltz che nel parodico ricalco della partita a scacchi di “Il settimo sigillo” raccomanda al cinemaniaco anziché di prepararsi al trapasso, la conta dei grassi saturi e un’urgente colonscopia.

 

RIFKIN’S FESTIVAL

COMMEDIA  –  USA/ITALIA/SPAGNA 2020 

Regia di Woody Allen. Con Wallace Shawn, Gina Gershon, Elena Anaya, Louis Garrel, Sergi López, Christoph Waltz

 

 

 

 

 

 

 

 

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