Recensioni

Pubblicato il 7 Dicembre 2019 | da Valerio Caprara

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L’Immortale

L’Immortale Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario: Il camorrista Ciro Di Marzio detto l'Immortale insegue il suo destino a Riga, crocevia di traffici criminali, mettendosi a capo di una famiglia d'immigrati napoletani magliari che ha indotto a fare il grande salto nel business della droga. Nel corso della guerra sanguinosa scatenatasi tra lettoni e russi per il predominio della piazza, ricorda in una serie d'angosciosi flashback la sua formazione di orfano ladruncolo nella Napoli post-terremoto del contrabbando di sigarette e dei motoscafi blu.

2.5


Finora in tutte le anteprime (non solo a Napoli) il finale ha scatenato applausi a scena aperta. Fa piacere, eccome, specialmente ai critici e gli spettatori che a suo tempo sostennero le qualità di “Gomorra – La serie” contro consistenti schieramenti ostili. E fa piacere, va da sé, che l’esangue box-office nazionale coltivi grandi aspettative con lo spinoff sul personaggio più controverso –Ciro Di Marzio detto “L’Immortale”- della fortunatissima produzione Sky: inforcando il gergo degli esperti si dovrebbe parlare di “transmedia storytelling” oppure “esperimento crossmediale”, ma forse basta dire che col film diretto in proprio dalla star D’Amore è nata la filiazione cinematografica di una saga televisiva in controtendenza al più noto e praticato procedimento opposto. In effetti, sembra che questo ponte narrativo tra la quarta e la quinta (per la quale ci sarà però da attendere) stagione di “Gomorra” possa fare contenti tutti: il pubblico dei fan e quello a digiuno dell’epica dei Genny, Scianél e Sangueblù perché svincolati dalla sfida drammaturgica della suspense a rilascio prolungato; i patrioti indignati per l’”immagine” vilipesa della città perché i cinque-sceneggiatori-cinque hanno provveduto a spostare la parte principale ambientata sotto il Vesuvio all’epoca remota del terremoto dell’80 e del contrabbando di sigarette; gli intellettuali reclamanti l’approfondimento socio-politico perché la struttura da gangster-movie classico, mitografico o addirittura scespiriano, come sostengono gli autori un po’ spericolati, vi ha preso decisamente il sopravvento sull’enormità e l’attualità dei fatti raccontati; i redentoristi in servizio permanente effettivo perché la condizione di orfano e la perenne ricerca del padre – come chioserebbe un guru tv alla Recalcati- entra a fare parte del dna psicanalitico e spirituale del personaggio di conseguenza non vocato, bensì condannato a essere solitario e criminale.

Peccato, però, che il nocciolo del reattore gomorriano  ne risulti a nostro parere disinnescato: non tradito o abbassato, per essere precisi, bensì reso più enfatico, risaputo, meno spavaldamente cinico e senza causa e un po’ troppo tendente al poetico persino nei momenti in cui i cattivissimi eseguono il loro compito patibolare. Le doti del film sono, in ogni caso, assicurate dall’idea del doppio racconto che fa procedere in alternanza di flashback e relativo montaggio parallelo le vicende di Ciro bambino, accolto da un lestofante di buon cuore nella sua paranza alla Oliver Twist e quelle del Ciro redivivo alle prese con le plumbee atmosfere della Lettonia crocevia di traffici illeciti. Senza toccare vette innovative o radicali, insomma, “L’Immortale” si fa seguire soprattutto per merito dell’impennata di ritmo ed emozioni che a un certo punto prende la rincorsa verso lo showdown finale, della resa degli interpreti più sperimentati (Nello Mascia in primis) e dall’efficace confronto che si istituisce a distanza fra la musica elettronica dei Mokadelic e i sinuosi e sensuali volteggi neomelodici di Martina Attanasio, secondo noi la vera rivelazione del film. Su D’Amore regista esordiente, in definitiva, non si può che dare un giudizio molto positivo, mentre sulla recitazione dell’alter ego protagonista è lecito, sulla base della stima che si merita, esprimere qualche riserva. Va bene reggere sempre in ieratico silenzio l’impatto dei numerosissimi primi piani, va bene rivendicare sotto metafora in ogni fotogramma il peso del passato che perseguita, va bene non concedersi pause nell’overdose di cipigli penetranti e mimiche allusive, però certe volte la maniera fa capolino finendo con l’avvicinarlo più a un samurai asessuato che a un camorrista fuggiasco e recidivo.

L’IMMORTALE

GANGSTER, ITALIA 2019 

Regia di Marco D’Amore. Con: Marco D’Amore, Giuseppe Aiello, Giovanni Vastarella, Salvatore D’Onofrio, Marianna Robustelli

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