Recensioni

Pubblicato il 3 Ottobre 2019 | da Valerio Caprara

4

JOKER

JOKER Valerio Caprara
soggetto e sceneggiatura
regia
interpretazioni
emozioni

Sommario:

5


“… e una risata vi seppellirà”. Sembra che l’eco del motto anarchico e sessantottino si frantumi in una sghignazzata sinistra, incontrollabile, isterica, una sorta di verso straziante di una bestia fuggiasca, l’atroce singulto innescato dalla rabbia e dall’odio che straripano dal buio della disperazione individuale per appiccare le fiamme della rivolta nelle masse degli emarginati e perdenti della megalopoli. Questo è “Joker”, appena nato e già cult movie, in cui per sorreggere il peso di un registro surreale e grottesco destinato a sfociare in un’esplosione di cruda violenza s’erge la ciclopica incarnazione di Phoenix che in un contesto d’impressionante realismo riesce a preservare gli enigmi di un antieroe non decifrabile solo per i suoi deficit psichiatrici, fisici e sociologici. Ed è tanto concreto l’allarme che suscita negli Usa il film di Todd Phillips sceneggiato con Scott Silver, Leone d’oro a furor di popolo all’ultima Mostra di Venezia, che per l’uscita del 4 ottobre è stata allertata la polizia e nelle sale di tutto il paese sono state diramate misure speciali di sicurezza: vietate le maschere, le pistole giocattolo e qualsiasi elemento che potrebbe scatenare l’emotività del pubblico e persino provocare emulazioni nelle comunità già a rischio di anarchia e malcontento.

La Gotham City in cui trascina le proprie disilluse velleità di cabarettista Arthur Fleck assomiglia, in ogni caso, alla New York antecedente la “tolleranza zero” del sindaco Giuliani, fotografata nei toni screpolati dei polizieschi anni Settanta alla “Il braccio violento della legge” e squassata dalla colonna sonora della geniale islandese Guonadòttir: l’infimo covo di un trentenne freak che si nasconde di giorno nel costume pubblicitario del clown alla mercé del ludibrio dei teppisti e del bullismo dei colleghi e di sera accudisce un’inquietante madre malata accarezzando sempre il sogno di partecipare al tv show di Murray Franklin, clone dell’anchorman Letterman interpretato nuovamente (finalmente) alla grande da De Niro. L’arco che condurrà dall’uomo-paria al capopopolo mascherato –strettamente inerente all’arcicattivo fumettistico antagonista di Batman, ma spavaldamente autonomo sul piano creativo- è contrappuntato dai punti di rottura, dai progressivi deragliamenti della farsa in tragedia e sadismo che intrigano gli spettatori tra adesione e repulsione fino a farli ritrovare scoperti al terrificante punto di non ritorno. Sull’intreccio gremito di citazioni crossover –dal “Marat-Sade” di Brook allo Scorsese di “Taxi Driver” e “Re per una notte”, dalla trilogia del Cavaliere oscuro di Nolan a “It” e “V per vendetta”- la messinscena esercita, peraltro, il suo totale dominio consegnando al pantheon del cinema la deforme magrezza del Joker, le sue innaturali posture, la sua camminata prima sciancata e poi imprendibile, le sue espressioni grondanti insostenibili intensità emotive. Mai visto un kolossal che affronti senza mezzi termini il tema dei diversi, che non si protegga col pietismo politically correct, che non perdoni le reazioni omicide delle vittime bensì le indichi come infallibili detonatori dei presenti e futuri incubi societari. Esattamente come scrisse Alvaro su L’uomo che ridedi Hugo: “le forme estreme del bene e del male in conflitto, l’animo integro rivestito di una brutalità esteriore come un’eredità immanente della natura umana”.

 

JOKER

DRAMMATICO, USA 2019

Regia di Todd Phillips. Con: Joaquin Phoenix, Robert De Niro, Zazie Beetz, Marc Maron, Frances Conroy

 

 

 

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