Pubblicato il 20 Gennaio 2019 | da Valerio Caprara
0La douleur
Sommario: Da un romanzo di Marguerite Duras. Parigi 1944, l’ebreo Robert, uno dei leader della Resistenza, viene arrestato e deportato e la giovane moglie Marguerite, anch’essa militante, si dibatte tra l’angoscia di non riuscire a sapere nulla della sorte toccata al marito e il nuovo amore vissuto col compagno di lotta Dyonis. Nei frangenti quotidiani della città umiliata dall’occupazione nazista, la donna coltiva nel contempo un’ambigua relazione con il poliziotto collaborazionista Rabier che, essendo infatuato di lei, potrebbe esserle d’aiuto. Quando un anno dopo Hitler viene sconfitto e le truppe lasciano la capitale, l’attesa non s’interrompe e diventa, anzi, vieppiù insostenibile costringendo la protagonista a soffrire anche nel tripudiante caos della Liberazione.
2.5
“La douleur” è un film intenso e ipnotico, un titolo da circuito d’autore che può offrire al pubblico interessato molti elementi suggestivi insieme a non secondari difetti. Si tratta, in effetti, della non facile trasposizione sullo schermo dell’omonimo romanzo in cui confluiscono tre racconti di Marguerite Duras (1985, ediz. ital. Feltrinelli) in cui la grande scrittrice rievoca le peripezie subite in uno dei periodi più tragici della storia francese. Dapprima ci troviamo a Parigi nel giugno del ’44 quando l’ebreo Robert, uno dei leader della Resistenza, viene arrestato e deportato e la giovane moglie Marguerite, anch’essa militante, si dibatte tra l’angoscia di non riuscire a sapere nulla della sorte toccata al marito e il nuovo amore vissuto col compagno di lotta Dyonis. Nei frangenti quotidiani di una Parigi –già descritta da tanti film, tra cui il capolavoro di Truffaut “L’ultimo metrò”- umiliata e disunita dall’occupazione nazista, la donna coltiva anche un’ambigua relazione con il poliziotto collaborazionista Rabier (il come sempre eccellente Magimel) che, essendo infatuato di lei, potrebbe esserle d’aiuto e soprattutto procurarle informazioni riservate. Quando un anno dopo, però, Hitler viene sconfitto e le truppe lasciano la capitale, l’attesa non s’interrompe e diventa vieppiù insostenibile costringendo la protagonista a proseguire il proprio tormento morale e sentimentale anche nel tripudiante caos della Liberazione. Il regista Finkiel, particolarmente toccato dall’argomento perché nipote di deportati ad Auschwitz, si mantiene fedele al fulcro del testo per non perdere il controllo degli slittamenti temporali che corrispondono alle sue scansioni diaristiche e ricorre spesso alle lunghe focali di ripresa rinunciando alla profondità di campo per non fare sovrastare la protagonista dai celeberrimi sfondi e laciare che le “voci” della città siano come assorbite dalla sua sensibilità ulcerata.
I demeriti del film sono quelli della mancanza di misura della colonna sonora che finisce per rendere l’impaginazione un po’ melodrammatica e manieristica e l’eccessiva durata concessa all’espediente non proprio originale dell’”io narrante”, i cui relativi monologhi interiori rischiano di assoggettare la visione alle funzioni di un audiolibro. All’opposto i suoi valori principali stanno nell’avere colto il ganglio più insinuante e più trasgressivo della storia e cioè la consapevolezza di Marguerite (interpretata dalla Thierry che non assomiglia affatto alla scrittrice, ma ne riproduce perfettamente le contraddizioni, le inclinazioni, i turbamenti) di non amare più il marito e l’intreccio di masochismi e rimorsi provocati dal non volerlo ammettere. Tanto che la battuta cruciale, che diventerà sicuramente la più citata, è quella che nell’epilogo Dyonis rivolge all’amante: “A cosa tieni di più, a Robert o al tuo dolore?
LA DOULEUR
DRAMMATICO, FRANCIA/BELGIO 2018
Regia di Emmanuel Finkiel. Con: Mélanie Thierry, Benoit Magimel, Grégoire Leprince-Ringuet