Sulla mia pelle
Sommario: La veristica ricostruzione della scottante vicenda di Cucchi, il giovane fermato una notte a Roma dai carabinieri per questioni di droga e deceduto qualche giorno dopo all'ospedale in circostanze ancora al vaglio della magistratura.
2.5
Ritorna il cinema d’impegno all’italiana, sulla scia del filone degli anni ’60 e ’70 in cui rientrano i film diretti in quel periodo, tra gli altri, da Pontecorvo, Rosi, Petri, Montaldo o Damiani: “Sulla mia pelle” non è, però, uno di quei film già visti ancora prima d’entrare in sala perché persegue un certo equilibrio tra l’assurdità e la durezza degli eventi rievocati e la giusta distanza che è opportuno mantenere quando, come in questo caso, la verità processuale non è stata definitivamente accertata né archiviata. Iniziando dalla fine, infatti, il quarantacinquenne regista Cremonini vi ricostruisce con taglio e ritmo documentaristici gli ultimi e travagliati giorni di vita nell’ottobre 2009 di Stefano Cucchi, spirato nel reparto “sotto sorveglianza” dell’ospedale romano Sandro Pertini. E’ doveroso premettere che il film ha dovuto affrontare e continua a farlo nei giorni dell’esordio commerciale ostacoli di diversa natura, dalle reazioni dei sindacati delle forze dell’ordine alle polemiche sul contributo ricevuto dallo Stato e soprattutto al boicottaggio operato da numerose sale ed esercenti italiani a causa del mancato rispetto da parte della società produttrice Lucky Red dei termini di distribuzione. Quest’ultima accusa di concorrenza sleale si riferisce a due contingenti problematiche: la prima è quella della miriade di proiezioni non ufficiali e aperte al pubblico organizzate in barba al copyright in tutt’Italia da cineclub indipendenti, associazioni politiche e centri sociali; la seconda, molto più scottante e attuale, chiama in causa l’uscita in contemporanea della pellicola in tv su Netflix.
Come abbiamo scritto in occasione del Leone d’oro andato all’affresco messicano “Roma”, a noi interessa solo che sia data al maggior numero di spettatori la possibilità di vedere e giudicare: come nel caso di “Sulla mia pelle” che, senza essere un capolavoro, riesce a delineare il calvario del trentenne con piccoli precedenti fermato una sera da una pattuglia di carabinieri e incarcerato perché in possesso di 20 grammi di hashish e 2 dosi di cocaina. Nonostante qualche sottolineatura didascalica di troppo nello schizzare i rapporti dello sfortunato Stefano con padre (Tortora), madre (interpretata benissimo dalla Marigliano) e sorella (Trinca, più convincente di quanto lo sia il marchio impostole di attrice impegnata del cinema italiano), il film si fa apprezzare per la sobrietà persino un po’ monocorde con cui l’inaccettabile ingiustizia del decesso del giovane – tramandata dalla nota e impressionante istantanea del cadavere sconciato ed ingarbugliata da diecimila pagine di atti processuali – viene fatta risalire a una micidiale miscela di superficialità, incompetenza, pavidità, crudeltà dell’iter di custodia vieppiù incrementata, per assurdo, dalla sfiducia e strafottenza esibite dal protagonista nei confronti delle circa 140 (!) persone con le quali entrò in contatto in quella tragica settimana. Ne scaturisce il ritratto di un antieroe disarmato di grimaldelli ideologici, un essere umano tutt’altro che immacolato e proprio per questo avente diritto alla massima tutela delle autorità che s’impernia sulla virtuosistica performance “all’americana” di Borghi, dimagrito di una ventina di chili, pressoché reincarnato nelle fattezze, gli atteggiamenti e la voce di Cucchi eppure reso immune dalle facili tentazioni autoagiografiche.
SULLA MIA PELLE
DRAMMATICO, ITALIA 2018
Regia di Alessio Cremonini. Con: Alessandro Borghi, Jasmine Trinca, Max Tortora, Milvia Marigliano
