Pubblicato il 30 Settembre 2017 | da Valerio Caprara
2L’intrusa
Sommario: Periferia difficile di Napoli, oggi. Un grave episodio costringe la direttrice di un centro ricreativo sorretto dall'abnegazione del volontariato a destreggiarsi tra le esigenze della sicurezza e la tutela della comunità e i capisaldi etici e pratici della sua missione.
2.8
“L’intrusa” conferma il credito di cui gode Leonardo Di Costanzo, uno dei rinnovatori del documentario italiano, anche grazie alla sceneggiatura co-firmata da Bruno Oliviero e Maurizio Braucci. Il metodo scelto dall’autore per ritornare sulle tematiche della criminalità infiltrata nel corpo di Napoli e del suo hinterland (spesso rigettate in base a qualche riflessione sensata e molti scatti patriottico-oscurantistici) è quello del mettersi “accanto” ai fatti invece che “sopra” o “sotto” gli stessi: scindendo così il proprio lavoro dall’ampia e per forza di cose controversa gamma di giudizi che spettano al pubblico, per non parlare delle analisi e le azioni che spettano alle istituzioni deputate. Già nel convulso prologo la linea drammaturgica viene tracciata senza fronzoli: nel doposcuola ricreativo La Masseria, diretto dalla meritoria Giovanna (la brava e appena un po’ troppo accigliata danzatrice e coreografa Raffaella Giordano), un episodio della quotidiana guerra tra le forze dell’ordine e la camorra trasforma una ragazzina con due figli in pietra dello scandalo, elemento di divisione e conflitto tra le madri del quartiere, il preside e gli insegnanti della scuola da cui dipende la sopravvivenza del fragile presidio. Come ha detto il regista Renoir, non a caso insieme a Rossellini uno degli autori di riferimento di Di Costanzo, “il tragico nella vita è che tutti hanno le loro ragioni”: dunque bastano un pugno di dialoghi, la schietta credibilità dei tanti e spesso imberbi attori non professionisti e l’accorto uso del montaggio per scandire il tragico impasse di tolleranza, buonsenso, fermezza e paura che difficilmente troverà alla fine dei vincitori. La protagonista, insomma, non rinuncia a battersi per le ragioni alte dell’associazionismo, per non arrendersi a una funesta ereditarietà delle colpe e per non fare spegnere lo spirito fondativo del laboratorio. Nello stesso tempo – e qui va apprezzata la rinuncia alla demagogia, all’enfasi e al didascalismo in favore di un sobrio chiaroscuro psicologico- non può non rendersi conto dell’enorme responsabilità che si prende rischiando di diventare indirettamente collusa. Non stiamo gridando al capolavoro, ovviamente, ma di film come questo (che dovrebbe essere abbinato al bellissimo doc “Salicelle Rap” di Carmen Tè attualmente in concorso al Napoli Festival) ha bisogno l’idea di un cinema civile non ancorato ai vecchi dogmi della denuncia stentorea e dell’ideologismo a prescindere.
L’INTRUSA
Regia: Leonardo Di Costanzo
Con: Raffaella Giordano, Valentina Vannino, Martina Abbate
Genere: drammatico. Italia 2017