Pubblicato il 18 Gennaio 2017 | da Valerio Caprara
0“Il gallo nel pollaio” e i pionieri del cinema napoletano
Suscita davvero un vivido interesse la proiezione dell’edizione restaurata del film muto “Il gallo nel pollaio” di Enrico Guazzoni (1916), accompagnata dai brani musicali composti dal protagonista nonché probabile soggettista e sceneggiatore Vincenzo Scarpetta e programmata giovedì 19 gennaio alle 16 nella prestigiosa location della Biblioteca Nazionale. L’evento coronerà come meglio non si potrebbe (fatta salva la mini gaffe del comunicato stampa che attribuisce la regia allo stesso Scarpetta) la presentazione del libro Pionieri del cinema napoletano, edito da Liguori e curato dal docente e saggista Pasquale Iaccio e Maria Beatrice Cozzi Scarpetta, che ricostruisce il percorso dei cinque film del capostipite Eduardo (“Miseria e nobiltà”, “Tre pecore viziose”, “Lo scaldaletto”, “La nutrice” e “Un antico caffè napoletano”) andati perduti e documenta, appunto, parte dell’articolata produzione del figlio Vincenzo, convinto sperimentatore delle inedite chance offerte dalla neonata settima arte ai coevi mattatori della scena. Introdotti dalla direttrice Simonetta Buttò e l’assessore comunale Nino Daniele, gli autori ne approfondiranno temi e tesi insieme allo storico e regista Mario Franco, Sergio Bruno della Cineteca Nazionale che ha promosso il restauro in collaborazione con la Fondazione De Filippo, la giornalista e scrittrice Titti Marrone e Rosaria Savio responsabile della sezione dedicata alle arti dello spettacolo Lucchesi Palli.
Il punto di partenza della ricognizione nelle fondamenta della storia del cinema napoletano è stato, del resto, già individuato dalla prefazione di Mino Argentieri che giustamente fa notare come i curatori abbiano portato alla luce una vera miniera d’oro cinéfilo rimodellando la figura e le attitudini degli Scarpetta, adeguatamente celebrati dagli esegeti del teatro, ma erroneamente trascurati da quelli del cinema. Nonostante la ragguardevole bibliografia disponibile sull’argomento, imperniata sulle inesauste ricerche dei benemeriti studiosi Redi, Bernardini e Martinelli, finora non si era potuto investigare a dovere sui soggetti e le sceneggiature spesso mai trasposti sullo schermo di Vincenzo, ostacolato dalle incomprensioni degli scettici (a cominciare dal padre) e ridimensionato dalle difficoltà procurate dalla mancanza di una solida struttura produttiva. Queste “schegge”, sottolinea inoltre Argentieri, contribuiscono a ridefinire l’apporto che Napoli ha dato all’industria cinematografica nazionale proprio mentre quest’ultima cercava di tenere testa a un’irresistibile concorrente come l’Hollywood degli anni Dieci riciclando vecchie ricette e patendo un cronico stato di debolezza.
“Il gallo nel pollaio”, in effetti, è la produzione della Palatino Film fondata dal versatile Guazzoni in sinergia con la mitica Cines che doveva inaugurare una lunga serie destinata, invece, a interrompersi già dopo la realizzazione del secondo titolo, “Scarpetta e l’americana”. Ma più che lo stile naif di regia e l’ordinarietà della trama, impostata sui classici motivi dei promessi sposi, il travestimento usato dal corteggiatore per sopperire ai divieti di contatto con l’amata, i grotteschi quiproquo causati dall’espediente e il lieto fine preceduto dal fervorino moralistico, promette d’interessare i convenuti la rievocazione delle vicissitudini dell’operazione di salvataggio culturale. Come riferiscono le note dei valorosi tecnici del laboratorio “L’immagine ritrovata” di Bologna, infatti, tutto ha preso inizio dal ritrovamento di un positivo d’epoca conservato presso la National Library di Oslo e corredato, ovviamente, da didascalie in norvegese: per restituire alle nuove copie un’adeguata e aggiornata visibilità si è operato tramite la scansione a 2k e l’applicazione di software specifici, come per esempio la color correction in digitale, riuscendo nell’intento di cancellare o attenuare i segni causati dalle giunte, riparare i danni sull’emulsione, bilanciare le sequenze per ottenere omogeneità e reinserire le didascalie tradotte in italiano nella forma più aderente possibile alla grafica originale. Concludendo, la storia dei primordi del nostro cinema è stata tracciata nel corso di una lotta continua e disperata contro la scarsità dei reperti, tanto è vero che i film sparsi per il mondo visti o visibili dovrebbero oscillare sul 3-4% di quelli inventariati. Alcuni addetti propongono di disarmare, manifestazioni all’altezza di questa chiedono vibratamente di non farlo.