Pubblicato il 30 Dicembre 2015 | da Valerio Caprara
0Chiamatemi Francesco
Sommario: Un copione troppo specioso e squilibrato e un taglio narrativo, al contrario, piatto e pantomimico.
1.5
Un indubbio danno a “Chiamatemi Francesco” lo provoca proprio il suo finale coinvolgente. Quando le immagini di repertorio post fumata bianca mostrano il vero neo papa Francesco affacciato al balcone mentre si rivolge alla piazza con l’umile e ormai celebre “fratelli e sorelle, buonasera”: a questo punto, infatti, il film appena visto sembra bruciato dall’impari confronto e consegnato all’archivio della fiction agiografica in stile vecchia tv. D’altra parte risulta lampante come il biopic di Jorge Bergoglio, produzione Taodue di sicuro interesse (già 40 acquirenti all’estero), un certo coraggio (essendo l’illustre personaggio vivo e imponente) e un munifico budget, sia in pratica un estratto della versione principale di 200 minuti suddivisi in quattro puntate per il piccolo schermo: il montaggio per le sale che elimina a colpi di tagli ed ellissi molti episodi importanti non fa secondo noi che immiserire un copione già troppo specioso e squilibrato e un taglio narrativo, al contrario, piatto e pantomimico. Come s’intuisce dallo start, quando il cardinale argentino alla vigilia del conclave regala all’edonistico tramonto romano un pensierino pizza-e-fichi (“Ma che ci faccio qui? Alla mia età la gente va in pensione”), lo slancio magari genuino di Luchetti tende a tradursi in un riassunto della vita di Bergoglio –interpretato decorosamente dai 25 ai 60 anni da Rodrigo de la Serna e poi da Sergio Hernandez- in stile Wikipedia, con l’unico approfondimento riservato agli anni marchiati dalle gesta della giunta militare.
A un certo punto si potrebbe addirittura classificare “Chiamatemi Francesco” come un film sugli anni della dittatura di Videla (sulla falsariga, per esempio, di “Garage Olimpo”) in cui si ha la netta l’impressione che l’andirivieni temporale riguardante i giorni spensierati con la famiglia comprensiva, l’amore per il calcio e il tango e la fidanzatina lasciata sul più bello, l’elogio della rabbia e l’orgoglio femminili (gli sceneggiatori non potevano ahinoi prevedere il protagonismo della signora Chaouqui nel recente affare Vatileaks) o la chiamata a Roma con il sorridente plebiscito tributatogli dai confratelli cardinali fino a poco prima tratteggiati con schizzi di veleno facciano perdere tempo al regista, ansioso solo di esibire la fedina politica dell’ex giovane superiore gesuita che non sarebbe stato complice dei generali, bensì un ardito e abile mediatore dal cuore decisamente orientato sulla retta via dell’impegno sociale. Dispiace, insomma, che la possente e complessa icona del “papa della gente”, il suo percorso spirituale e il suo apprendistato al potere siano divulgati da un film così convenzionale, teso in fin dei conti soprattutto a rassicurare i complottisti più sospettosi e i laici più arcigni.
CHIAMATEMI FRANCESCO
REGIA: DANIELE LUCHETTI
CON: RODRIGO DE LA SERNA, SERGIO HERNANDEZ, MURIEL SANTA ANA, JOSE ANGEL EGIDO
BIOGRAFICO – ITALIA 2015