Pubblicato il 17 Aprile 2020 | da Valerio Caprara
0Unorthodox vs. L’uomo invisibile
La clausura casalinga fa male a tutti, ma un po’ meno ai consumatori di fiction. Per esempio già da qualche giorno i più introdotti e assidui di questa platea sterminata e ogni giorno ovviamente più nutrita si scambiavano un fervido messaggio: è disponibile una miniserie tv che farà leccare i baffi ai cinefili (paradosso concesso). Tenendo presente che sui nostri teleschermi è sempre più accesa la sfida all’ultimo abbonato tra le piattaforme streaming, l’annuncio poteva sembrare temerario, ma adesso per fortuna è diventato chiaro quanto fosse del tutto attendibile. Con le sue quattro puntate di un’ora ciascuna, infatti, “Unorthodox”, liberamente ispirata a un romanzo autobiografico di Deborah Feldman, scritta da Anna Winger e Alexa Karolinski e quasi interamente girata in yiddish, dimostra innanzitutto come appare ormai labile il confine tra il linguaggio televisivo e quello cinematografico: in questo senso un valore, secondo noi, decisivo del prodotto sta proprio nell’abilità con cui è gestito il rapporto tra spazi interni “ostruiti” e locations esterne “aperte”, in pratica il perno metaforico su cui ruota il percorso narrativo che permette agli attori di sfoderare una naturalezza e una rilevanza psicologica davvero eccezionali. E’ innegabile, comunque, che quest’aspetto tecnico sia alla fine subissato dalla sorprendente ambientazione e dai relativi identikit modellati su ciascuno dei protagonisti: il racconto si sviluppa sulle difficili scelte di Esty (l’attrice israeliana Haas), nata, vissuta e sposata diciassettenne con un matrimonio combinato nel distretto di Williamsburg di Brooklyn, New York dove è tutt’ora insediata la setta ultraortodossa degli ebrei chassidici, una comunità ligia alla lettera dei precetti del Talmud e maniacalmente osservante delle oppressive leggi di comportamento individuale e riti collettivi che ne scaturiscono. Fuggita a Berlino dalla madre a suo tempo espulsa per inosservanza degli stessi principi draconiani, l’intrepida, ma non spavalda ragazza verrà inseguita dall’incapace marito e l’intraprendente cugino incaricati dal rabbino di riportarla indietro. C’è forse il pericolo che una lettura superficiale tenda a fare abbassare la guardia di fronte all’odierna minaccia dei fondamentalismi armati, traducendosi in un messaggio di ambiguo ecumenismo a buon mercato (tutti i fanatismi sono uguali, tutte le religioni opprimono le donne e via fuorviando). Peccato perché la qualità della miniserie sta proprio nel fatto che nel caso particolare e circoscritto non si contemplano sentenze assolute né si cede alla consueta divisione tra buoni(ssimi) e cattivi(ssimi) e che viene, al contrario, lasciata alla sensibilità dello spettatore la libertà di comprendere e persino di giustificare i tormenti dei protagonisti messi di fronte alla scomoda necessità di trovare o meno un compromesso tra rigida fedeltà alla tradizione e coraggiosa accettazione delle diversità del mondo.
Un’altra soluzione dettata dall’emergenza sanitaria che sta per essere imboccata anche dalla produzione nostrana (in linea con la campagna #iorestoacasa, la rocambolesca commedia “Un figlio di nome Erasmus” prodotta e distribuita da Eagle Pictures è stato nella domenica di Pasqua il primo film italiano a debuttare su Sky Primafila Premiere), è quella di rinunciare tout court alla negata uscita nelle sale e lanciare un film di richiamo direttamente sulle reti on demand. Come ha deciso di fare la combattiva Chili (https://it.chili.com) che mette a disposizione dei propri utenti l’ennesimo, ma per niente usurato adattamento di “L’uomo invisibile” del geniale romanzo di H. G. Wells già uscito rapidamente nel circuito americano. Aggiornando con perspicacia le avventure fantahorror del prototipo e facendo impallidire la versione di vent’anni orsono “L’uomo senza ombra” di Verhoeven, lo sceneggiatore e regista Whannell si dimostra in grado, in effetti, di rappresentare con il passo dei classici popolari l’attuale e certo giustificata fobia del controllo individuale e sociale operato da entità invisibili: non a caso la formidabile incarnazione di Elisabeth Moss nella protagonista Cecilia si esalta nel diapason della persecuzione inflittale, dopo il suicidio del compagno tirannico e manipolatore, dai minacciosi “occhi” che la guardano costantemente e in ogni dove facendola ovviamente passare per matta. Anche in questo caso si allude con forza alla capacità di resistenza e riscossa delle donne, però in maniera più avvincente e divertente di quanto accade nell’incubo realistico di Williamsburg.
UNORTHODOX
SERIE TV – DRAMMATICO – GERMANIA 2020 ***
Regia di Maria Schrader. Con Shira Haas, Amit Rahav, Jeff Willbusch, Aaron Altaras
L’UOMO INVISIBILE
FANTASTICO – USA/AUSTRALIA 2020 ****
Regia di Leigh Whannell. Con Elisabeth Moss, Harriet Dyer, Aldis Hodge, Storm Reid