Pubblicato il 17 Novembre 2010 | da Valerio Caprara
0Carlo ha sessant’anni
Per l’anagrafe da oggi ha sessant’anni. Tanti auguri, va da sé, ma Carlo Verdone per tutti quelli come noi che lo amano svisceratamente non ha età, perché incarna semplicemente il cinema, un universo indipendente che si crea e si perpetua in piena autonomia, l’unica zona autorizzata d’irrealtà che coincide con la vita vera. Il regista e attore romano (e romanista, ci concediamo un ragguaglio ad personam) schiva le celebrazioni lavorando sul set di “Manuale d’amore 3”, dove per la gioia di Aurelio De Laurentiis e Giovanni Veronesi ha appena recitato una gag in tandem con De Niro: “Sebbene la scena sia durata una manciata di secondi, è stata la realizzazione di un sogno. Anche perché ho scoperto che aveva visto i miei film e la cosa mi ha fatto camminare a tre metri da terra”.
Le belle notizie non sono però finite, perché il signor “uno, nessuno e centomila” ha anche quasi ultimato la sceneggiatura del suo ventitreesimo film da regista (titolo provvisorio “Tre mariti”) che inizierà a girare ad aprile: “E’ un film sui padri separati, con un cast corale ancora non definito. Ci saranno tre attori e un’attrice, che dovrebbe essere Micaela Ramazzotti”. Ce n’è abbastanza per elettrizzare legioni di spettatori, ai quali solo in tempi assai sospetti si sono aggregati i manipoli della critica. Non ci sembra al proposito di trasgredire la deontologia professionale, avendo premesso che quest’articolo è firmato da un fan magari, come si dice, “informato dei fatti”: il nostro antieroe preferito, del resto, è diventato un’icona popolare senza ricorrere al patrocinio degli opinionisti a cottimo, senza saccheggiare detriti da telegiornale, senza iniettarsi doping oracolari, ma semplicemente (!) cesellando una serie infinita di variazioni sul tema dell’umanità e della cialtroneria contemporanee e nello stesso tempo universali. Da esordiente interpretò dodici personaggi diversi sul palcoscenico dell’Alberichino, ma in trent’anni di carriera gli alter ego sono diventati centinaia, un album sterminato di volti, caratteri, gesti, battute, situazioni che legioni di cultori tramandano a memoria o si scambiano incessantemente su you tube. Si può affermare, infatti, senza paura d’apparire retorici, che gli Ivano e Raniero di “Viaggi di nozze” capeggiano ormai una sfilata di maschere dirette allo stesso pantheon riservato a Totò, Peppino, Albertone, Gassman, Troisi. “A sessant’anni, in fondo, non si possono più fare certe cose ma se ne possono fare tante altre, grazie all’esperienza e a quello che si è seminato. E chissà che un giorno non riesca a farvi una sorpresa”. Provaci ancora, Carlo: nel tuo caso non c’è pericolo di specchiarsi nel vetro di un reame d’illusioni, il tuo sguardo acuisce i nostri occhi e la tua sensibilità aiuta a non perdersi nel gran caos che ci circonda.