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Pubblicato il 26 Aprile 2010 | da Valerio Caprara

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Verdone al volo: “Effetto Domino” su La7

Carlo Verdone è nato a Roma il 17 novembre 1950.  Da bambino e da ragazzo faceva morire dal ridere a casa e in classe grazie alla curiosità, alla sensibilità, all’orecchio che gli permettevano d’imitare alla perfezione tutto e tutti.

Oggi, dopo trent’anni di carriera, trascrivere la lista dei suoi premi rischierebbe di fondere la stampante del computer. Col particolare non indifferente che nella marea di biglietti, ciak, chiavi, globi, valentini, grolle e pégasi d’oro (più qualche nastro d’argento, diamante del cinema e telegatto di platino), spicca la prima targa della storia assegnata nel ‘97 dall’Associazione degli Esercenti Nazionali come regista e attore che ha sempre ottenuto incassi “attivi” senza far perdere mai soldi ai produttori.

Del resto mentre il padre Mario, insigne docente, storico e critico lo nutriva con l’elisir del cinema e gli ospiti abituali della casa di famiglia nel cuore antico di Roma si chiamavano De Sica, Pasolini o Rossellini, il suo vero piacere era spiare dalla finestra la privacy del dirimpettaio Alberto Sordi. Senza sapere che come lui sarebbe diventato un’icona popolare grazie a una serie di fregolistiche commedie, variazioni sul tema dell’umanità e della cialtroneria contemporanee, album sterminato di mimiche, volti, caratteri, battute, situazioni che legioni di cultori tramandano a memoria o si scambiano incessantemente su you tube. Da esordiente sconosciuto interpretava sulla scena dell’Alberichino dodici personaggi diversi, ma nel tempo gli alter ego mostruosi sono diventati centinaia, di cui molti –come Ivano e Raniero di “Viaggi di nozze”- stanno nello stesso pantheon di quelli creati da Albertone, Gassman, Totò, Peppino, Troisi.

Sergio Leone è stato il primo produttore che ha creduto in lui, ma anche quello capace d’affibbiargli uno schiaffone se prendeva alla leggera le sue sornione indicazioni. Commendatore dal ’94, è adepto del genio musicale di Jimi Hendrix e considera il manifesto del concerto dei Beatles allo Shea Stadium di New York del ’66 il più bel regalo ricevuto. E’ braccato dai fans in ogni angolo del globo, ma è un uomo schivo, colto, metodico, molto apprensivo e tendente al malinconico come vuole il dna dei sommi comici. Dopo i figli Giulia e Paolo, una gioia assoluta gliela procura solo quella che avrebbe potuto essere –e forse è- la sua prima professione: quella del medico sempre a disposizione degli amici e quasi insuperabile nelle diagnosi, le terapie e le prescrizioni.

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